Cosa ci lascia la vittoria dell’Italia nell’europeo E-sport su PES?
LIFESTYLE
25 Maggio 2020
Articolo di
RedazioneCosa ci lascia la vittoria dell’Italia nell’europeo E-sport su PES?
"Siamo pronti per vincere già da subito" aveva detto il Ct Roberto Mancini parlando dell’allora imminente Europeo 2020. La pandemia in atto ha però costretto il mister a correggere il tiro: "Avremmo vinto quest’anno, vinceremo l’anno prossimo" anche se in realtà Mancini ha comunque azzeccato la previsione iniziale…almeno in un certo senso.
Due giorni fa infatti la nazionale italiana di E-sports ha vinto l’europeo virtuale giocato su PES 2020 battendo in una tiratissima finale la Serbia.
Il quartetto azzurro riesce in un’impresa impensabile: alzare un trofeo ‘sportivo’ nonostante il COVID19 e anzi, proprio grazie allo stand-by agonistico imposto dal virus a tutti gli altri sport, la vittoria ottiene un risalto mediatico prima impensabile.
Al di là delle ragioni patriottiche e campanilistiche che ci portano giustamente a gioire per la vittoria azzurra, si può davvero parlare di "vittoria sportiva"? Insomma fu, è e sarà vera gloria?
Il movimento legato agli sport virtuali è in crescita ormai da anni e sembra destinato a trovare sempre più spazio nella cronaca sportiva e non, sintomo di come il fenomeno, pur nato in senso alla dimensione videoludica, si stia progressivamente slegando dalla realtà del gaming per allargare i suoi confini e spazi d’interesse, dimenticandosi però delle sue (più umili?) origini.
Il successo dei migliori videogiochi di ogni genere (da FIFA a NBA 2k20, da Battlefield a Fallout, fino a LOL e alle sue mille varianti) sta da sempre nella capacità che gli stessi hanno di proiettare il gamer in una realtà sportiva, bellica o fantasy che per ragioni oggettive alla persona è preclusa nella quotidianità; da quando però sono sorti i vari tornei legati ai videogiochi s’è compiuto un passo ulteriore.
Oltre a proiettare il match in sè si sta cercando di proiettarne anche le sue conseguenze: onore e valore per chi vince, vergogna per chi perde, che poi non è altro che una manovra di ingigantimento di quello che il gamer già fa nella sua testa quando gioca: immaginare di segnare "per davvero" quel gol al 90’ in finale all’europeo, di essere lui il man of the match. E quale modo migliore di rendere tutto reale se non riconoscere al vincitore il più tangibile dei premi: il denaro (in questo caso 40.000€).
Il dubbio quindi è che il fenomeno dell’E-sports non brilli di luce propria e che si sia costruito delle ali di cartone per volare vicino al sole dimenticandosi di quanto questo poi bruci; ma come per tutte le cose riguardo alle quali non si hanno certezze, forse è meglio godersi l’E-sport per quello che è e vedere poi cosa diventerà.
Due giorni fa infatti la nazionale italiana di E-sports ha vinto l’europeo virtuale giocato su PES 2020 battendo in una tiratissima finale la Serbia.
Il quartetto azzurro riesce in un’impresa impensabile: alzare un trofeo ‘sportivo’ nonostante il COVID19 e anzi, proprio grazie allo stand-by agonistico imposto dal virus a tutti gli altri sport, la vittoria ottiene un risalto mediatico prima impensabile.
Ma cosa ci lasciano questi europei e in generale i discorsi sugli E-sports?
Al di là delle ragioni patriottiche e campanilistiche che ci portano giustamente a gioire per la vittoria azzurra, si può davvero parlare di "vittoria sportiva"? Insomma fu, è e sarà vera gloria?
Il movimento legato agli sport virtuali è in crescita ormai da anni e sembra destinato a trovare sempre più spazio nella cronaca sportiva e non, sintomo di come il fenomeno, pur nato in senso alla dimensione videoludica, si stia progressivamente slegando dalla realtà del gaming per allargare i suoi confini e spazi d’interesse, dimenticandosi però delle sue (più umili?) origini.
Il successo dei migliori videogiochi di ogni genere (da FIFA a NBA 2k20, da Battlefield a Fallout, fino a LOL e alle sue mille varianti) sta da sempre nella capacità che gli stessi hanno di proiettare il gamer in una realtà sportiva, bellica o fantasy che per ragioni oggettive alla persona è preclusa nella quotidianità; da quando però sono sorti i vari tornei legati ai videogiochi s’è compiuto un passo ulteriore.
Oltre a proiettare il match in sè si sta cercando di proiettarne anche le sue conseguenze: onore e valore per chi vince, vergogna per chi perde, che poi non è altro che una manovra di ingigantimento di quello che il gamer già fa nella sua testa quando gioca: immaginare di segnare "per davvero" quel gol al 90’ in finale all’europeo, di essere lui il man of the match. E quale modo migliore di rendere tutto reale se non riconoscere al vincitore il più tangibile dei premi: il denaro (in questo caso 40.000€).
Il dubbio quindi è che il fenomeno dell’E-sports non brilli di luce propria e che si sia costruito delle ali di cartone per volare vicino al sole dimenticandosi di quanto questo poi bruci; ma come per tutte le cose riguardo alle quali non si hanno certezze, forse è meglio godersi l’E-sport per quello che è e vedere poi cosa diventerà.
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