È il momento del vestito con cappuccio
STYLE
25 Gennaio 2023
Articolo di
RedazioneÈ il momento del vestito con cappuccio
Tornato sotto i riflettori grazie a Miley Cyrus, che lo sfoggia nel nuovo videoclip di “Flowers”, apprezzato anche da Beyoncé e Jenna Ortega durante la Paris Fashion Week, questo design dal sapore medio-orientale racchiude in sé una storia molto interessante.
L’Hooded Dress affonda le sue radici nell’antichità, come testimoniato dai romani e da Maria Tudor I, che, successivamente, passò anche ad Anna Bolena questa usanza. Il cappuccio, dunque, è da sempre, baluardo di uno status forte e prestigioso, di rapporti subalterni tra regnanti e sottoposti.
La prima apparizione di questo capo risale agli anni ’80 del secolo scorso, in concomitanza della nascita della figura della femme-fatale nella saga di James Bond. Parliamo di Grace Jones, la giamaicana eclettica e androgina che ha segnato un’era con la sua “Libertango”. Non solo musicista e cantante, ma anche modella e attrice, nel 1985 lavora a “007- Bersaglio Mobile”, uno dei film più criticati della saga, ma che nasconde un’intrigante novità: per la prima volta, non c’è una lady ad essere ammaliata dalla spia più famosa del grande schermo, ma è lei a tessere la tela in cui attirare Bond.
Per l’occasione, Grace ingaggia un giovane Azzedine Alaïa, nel momento in cui stava acquisendo maggior riconoscimento dalla scena fashion newyorkese. Tra i due nasce una grandissima intesa creativa, accomunati dalle origini, e dal desiderio di portare una ventata di novità tra i canoni estetici della donna di James Bond, donando la libertà, a Grace Jones, di essere il suo personaggio senza per questo asservirsi al fascino dello 007. Successivamente, la Jones sfilò per l’Haute Couture di Alaïa, nel 1986, e continuò ad indossare l’Hooded Dress anche sui vari Red Carpet.
Tornando ai giorni nostri, è direttamente Kate Moss, la supermodella britannica, nonché “l’unica Kate riconosciuta in Inghilterra” a riportare il focus su questa creazione. È lei, per il Wall Street Innovator Awards del 2022, ad indossare un abito con cappuccio firmato Saint Laurent, che a sua volta omaggia Yves Saint Laurent.
Tanto nell’arte quanto nella moda, è molto importante pesare bene il messaggio che si vuole veicolare: lo sa bene Bella Hadid per cui questo vestito è molto più della scelta di un look per un evento. Per i Fashion Trust Arabia Awards, la Hadid ha sposato la causa degli Hooded Dress, attingendo al passato e al futuro della moda: ha indossato, infatti, un abito blu navy in knit direttamente dalla collezione Alaïa del 1986, e un abito disegnato da Daniel Rosebarry per Schiaparelli SS23. I look scelti, in questo caso, erano una chiara celebrazione delle origini palestinesi e medio-orientali della modella, nonché il suo appoggio alla causa palestinese. Non è tutto, anche Margot Robbie per la presentazione di Babylon ha sfoggiato un Hooded Dress nero, intrecciato attorno al collo, firmato Alaïa, e come lei la giovane Gigi Hadid, e la nostrana Chiara Ferragni, entrambe in Versace.
Sia Yves Saint Laurent che Azzedine Alaïa, a modo proprio, hanno difeso e contributo a diffondere un’idea di stile elegante, e talvolta intrisa di spiritualità e riverenza nei confronti del mondo musulmano da cui derivano, poiché l’uno aveva origini algerine e l’altro tunisine. Impossibile dimenticare le proprie radici, dunque, ma possibile difenderle e valorizzarle diffondendole nell’Occidente così tanto civilizzato da dimenticarsi le battaglie dei più deboli, a volte.
C’è molto da imparare riguardo gli Hooded Dress, e l’idea di sensualità che mostrano, nonostante vadano a coprire il corpo più di altri capi. È l’idea alla base degli abiti “capuche” disegnati da Yves negli anni ’80. L’ispirazione è arrivata da Martha Graham, ballerina statunitense passata alla storia per la tragicità delle sue esibizioni, e che nel 1930 si esibisce in “Lamentation” in cui, intrappolata in un abito viola aderente ma molto elastico, che lascia libere solo mani, piedi e volto. La scenografia è scarna, essenziale, e tragica: una Madonna moderna, che intrappolata, oscilla ritmicamente nella danza della vita, senza alcuna possibilità di uscita.
Yves stravolge questa prospettiva, e vede nell’elasticità una zona bianca in cui poter esprimere la propria essenza, la libertà di essere senza uscire dai confini del proprio derma. E proprio così, nel 1992, diventa iconico il tubino con cappuccio presentato sulle passerelle da Saint Laurent in un raggiante tessuto dorato, il cui drappeggio morbido ricorda le forme statuarie e sontuose dei templi orientali. Questo Hooded Dress ha avuto ben tre vite: la prima nel 1991-1992, la seconda nel 2002 quando venne riproposto da Anthony Vaccarello in occasione dell’Haute Couture, e la terza quando è stato rifatto per permettere a Miley Cyrus di indossarlo.
L’Hooded Dress quindi, ad oggi, non riflette solo i suoi significati ancestrali, ma anche una rivalsa, in linea con tutte le lotte che le donne palestinesi stanno affrontando, soprattutto per il forte legame spirituale e religioso che richiamano. In un momento così sensibile per la figura della donna nel mondo mediorientale, i principali stilisti stanno scegliendo di vestire così le celebrity più presenti sulle passerelle, come hanno fatto Coperni, Versace, Schiaparelli, Dolce & Gabbana, Dion Lee, Richard Quinn, Michael Halpern, oltre ai già citati Alaïa e Saint Laurent.
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