The Footsoldiers ci racconta cosa significa disegnare sneakers
FOOTWEAR
7 Gennaio 2020
Articolo di
RedazioneThe Footsoldiers ci racconta cosa significa disegnare sneakers
Nella cosmopolita Londra, melting pot di tendenze, suoni ed odori, una manciata di anni fa nasceva The Footsoldiers, studio di footwear design con lo streetwear nelle vene. Abbiamo fatto un balzo oltremanica per incontrare i due fondatori, Tom e Hector, nel loro headquarter a Shoreditch, east London.
Tom:
Prima di dar vita a The Footsoldiers, abbiamo fatto una fiammeggiante gavetta da PUMA, lavorando su progetti esaltanti in collaborazione con Alexander McQueen, Hussein Chalayan, Mihara Yasuhiro.
PUMA fu tra i primi brands a coinvolgere fashion designers nella creazione di sneakers, un connubio strano, considerato controcorrente, che oggi invece è assolutamente mainstream.
Il pianeta sneakers oggi gravita costantemente attorno a quello del fashion, e vice-versa.
La contaminazione è continua e reciporca. Nike+Dior, adidas+Prada sono esempi lampanti: i due maggiori sports brands che attingono dal mondo dell’ alta moda.
La sneaker è diventata una silhouette importantissima, a volte fondamentale, basti pensare al successo della Triple-S di Balenciaga, inconcepibile dieci anni fa, quando l’alta moda era tutta mocassini e tacchi alti.
Hector:
Una catena di eventi ha proiettato il pianeta sneakers da nicchia underground a fenomeno smisurato.
Prima tappa: i social networks. I quali hanno permesso ai brand di entrare in contatto diretto con i propri fans ed ispirarli costantemente con nuovi drops sempre più frequenti.
Seconda tappa: celebrities. In passato i brands si avvalevano esclusivamente di testimonials provenienti dal mondo dello sport, sperando nella vittoria e scongiurando infortuni o peggio cadute di immagine. La professionalità dell’ atleta non poteva assolutamente venir macchiata da serate in nightclubs, foto compromettenti, donne, alcool, droga. Tutte cose che alle celebrities invece si possono perdonare, quindi in un certo senso il fattore di rischio è molto minore.
Ma sì, è gente che si diverte, fa un sacco di cose, tutte puntualmente condivise nei social networks, generando una mole di contenuti gigantesca e attraendo centinaia di migliaia di followers, mentre i brands si leccano i baffi, ammirando le proprie sneakers veleggiare in mondovisione.
Terza tappa: la demografia del consumatore. I millenials, devoti digital users e celebrities fans, sono il target perfetto di questa nuova onda mediatica e sono anche molto spesso quelli con le sneakers ai piedi: il cerchio si chiude.
Quarta tappa: il re-sell market. Del tutto inesistente o ben nascosto fino a qualche anno fa, il re-sell market ha trasformato la passione per le sneakers in una sorta di devozione che a volte sfocia nel fanatismo.
Le limited editions diventano pezzi da collezione inestimabili, i prezzi schizzano alle stelle e la bolla si gonfia ancora un pò e il giro d’affari si allarga sempre di più.
Tom:
Abbiamo deciso di piantare la nostra bandiera qui a Shoreditch perchè è il creative hub di Londra.
E’ popolata da un’orda di giovani stravaganti ed intraprendenti che di giorno affollano le agenzie di design, digital media, marketing, e la sera escono a far baldoria. La quintessenza dei nostri potenziali consumatori finali.
Qui possiamo captare le tendenze dalla fonte.
Hector:
Shoreditch ha subito una gentrificazione rapidissima anche grazie alle olimpiadi del 2012, durante le quali i brands hanno approfittato degli ampi spazi disponibili e degli affitti relativamente bassi per organizzare eventi e party. Puma+Bolt, Beats by Dr.Dre, hanno lanciato i loro prodotti qui, non in centro città. Nike percepì la potenzialità di Shoreditch ben prima, nel 2008, aprendo un negozio leggendario: Nike 1948. Forse uno dei primi destination stores. In quegli anni Shoreditch infatti era ancora molto grezza e per trovare dovevi cercare, ma se riuscivi a trovare, trovavi il meglio.
Oggi una moltitudine imbarazzante di negozi colmano le strade tappezzate di streetart, dove serpeggia un’energia travolgente e sembra di poter sentire il battito stesso della creatività.
Tom:
Un buon storytelling è fondamentale, è una giungla là fuori. Ci sono tantissimi prodotti in giro e per farsi sentire serve un messaggio interessante e unico che riesca a raggiungere e catturare l‘attenzione del pubblico. Perchè questa sneaker è speciale? Perchè dovrei comprarla?
Prima di posare la matita ci piace immergerci in profondi brainstorming dai quali germogliano le idee. Non è facile traghettarle fino al lancio del prodotto, il processo è lungo e tortuoso, non a caso esiste un massiccio dipartimento marketing all’interno di tutte le aziende, c‘è un sacco di lavoro da fare!
Quando ci è stata lanciata la sfida, comunque, l’abbiamo colta, ed è stata un’esperienza fantastica.
Hector:
Sicuramente la nostra specialità è il design e lo sviluppo del prodotto: è’ quello che sappiamo fare meglio.
E‘ evidente, però, che oggigiorno il marketing ha assunto un ruolo fondamentale. Difatti le linee guida per la creazione di un prodotto vengono spesso dettate da uno studio delle esigenze del mercato. Quindi ci siamo rimboccati le maniche per estendere le nostre skills e abbiamo assunto giovani esperti di fotoritocco, digital media marketing, modellazione 3D, visual art, in modo da poter offrire ai nostri clienti, quando richiesto, un servizio totale, dalla a alla z.
Tom:
La mia numero uno è la Nike Mag di Back to the Future II per il look rivoluzionario e per l’influenza che ha avuto e che ancora ha sul mondo sneakers. E’ ovvio che non sono l’unico ad adorarla visto che la sua stessa esistenza sul mercato è il risultato di una petizione popolare: Nike l’aveva pensata solo ed esclusivamente come prop per il film ma sotto la pressione dei fans è stata costretta ad industrializzarla.
Conseguenza: ha dovuto scervellarsi per realizzare il celeberrimo self-lacing system. Oggi, dopo 33 anni e innumerevoli prototipi, Nike Adapt è un discendente diretto. La fantascenza è diventata realtà!
Hector:
L’industria della moda è estremamente inquinante ed è in corso un’epocale presa di coscienza. Credo sia questa la più grande novità nel mercato. Sotto l’ombrello della sostenibilità i designer si stanno impegnando ad ideare prodotti facilmente scomponibili alla fine del life-cycle e quindi riciclabili, i produttori stanno lavorando a nuovi materiali meno impattanti sul pianeta come plastiche di origine vegetale o conciature chimicamente meno aggressive, i consumatori stanno contribuendo virando verso brands eticamente corretti e abbracciando la filosofia buy-less buy-better, magari puntando sulla durabilità.
Per allungare la vita delle sneakers si può ricorrere al servizio di risuolatura, ad esempio nelle Vibram Academies, o a quello di pulizia nelle Sneakers laundries. Nuovi business ad-hoc stanno spuntando come funghi per assecondare la domanda.
La sostenibilità è indubbiamente on-trend. Il problema oggi è distinguere quella vera dal cosidetto greenwashing. In futuro speriamo venga ideata ed applicata una sorta di certificazione dei prodotti davvero sostenibili, un sigillo di garanzia, che aiuti il consumatore ad orientarsi.
Questo è tutto da Shoreditch, Londra. Grazie infinite Hector e Tom e check out thefootsoldiers.com e thefootsoldiers su Instagram per info e updates.
Sono passati solo dieci anni da quando The Footsoldiers ha aperto i battenti, ma il pianeta sneakers sembra aver viaggiato anni luce. Cosa è cambiato?
Tom:
Prima di dar vita a The Footsoldiers, abbiamo fatto una fiammeggiante gavetta da PUMA, lavorando su progetti esaltanti in collaborazione con Alexander McQueen, Hussein Chalayan, Mihara Yasuhiro.
PUMA fu tra i primi brands a coinvolgere fashion designers nella creazione di sneakers, un connubio strano, considerato controcorrente, che oggi invece è assolutamente mainstream.
Il pianeta sneakers oggi gravita costantemente attorno a quello del fashion, e vice-versa.
La contaminazione è continua e reciporca. Nike+Dior, adidas+Prada sono esempi lampanti: i due maggiori sports brands che attingono dal mondo dell’ alta moda.
La sneaker è diventata una silhouette importantissima, a volte fondamentale, basti pensare al successo della Triple-S di Balenciaga, inconcepibile dieci anni fa, quando l’alta moda era tutta mocassini e tacchi alti.
Hector:
Una catena di eventi ha proiettato il pianeta sneakers da nicchia underground a fenomeno smisurato.
Prima tappa: i social networks. I quali hanno permesso ai brand di entrare in contatto diretto con i propri fans ed ispirarli costantemente con nuovi drops sempre più frequenti.
Seconda tappa: celebrities. In passato i brands si avvalevano esclusivamente di testimonials provenienti dal mondo dello sport, sperando nella vittoria e scongiurando infortuni o peggio cadute di immagine. La professionalità dell’ atleta non poteva assolutamente venir macchiata da serate in nightclubs, foto compromettenti, donne, alcool, droga. Tutte cose che alle celebrities invece si possono perdonare, quindi in un certo senso il fattore di rischio è molto minore.
E il coinvolgimento è maggiore..
Ma sì, è gente che si diverte, fa un sacco di cose, tutte puntualmente condivise nei social networks, generando una mole di contenuti gigantesca e attraendo centinaia di migliaia di followers, mentre i brands si leccano i baffi, ammirando le proprie sneakers veleggiare in mondovisione.
Terza tappa: la demografia del consumatore. I millenials, devoti digital users e celebrities fans, sono il target perfetto di questa nuova onda mediatica e sono anche molto spesso quelli con le sneakers ai piedi: il cerchio si chiude.
Quarta tappa: il re-sell market. Del tutto inesistente o ben nascosto fino a qualche anno fa, il re-sell market ha trasformato la passione per le sneakers in una sorta di devozione che a volte sfocia nel fanatismo.
Le limited editions diventano pezzi da collezione inestimabili, i prezzi schizzano alle stelle e la bolla si gonfia ancora un pò e il giro d’affari si allarga sempre di più.
Molto interessante, come è interessante questa fantastica città e questa zona: Shoreditch. Vibrante, stimolante, ambigua. Come vi influenza?
Tom:
Abbiamo deciso di piantare la nostra bandiera qui a Shoreditch perchè è il creative hub di Londra.
E’ popolata da un’orda di giovani stravaganti ed intraprendenti che di giorno affollano le agenzie di design, digital media, marketing, e la sera escono a far baldoria. La quintessenza dei nostri potenziali consumatori finali.
Qui possiamo captare le tendenze dalla fonte.
Hector:
Shoreditch ha subito una gentrificazione rapidissima anche grazie alle olimpiadi del 2012, durante le quali i brands hanno approfittato degli ampi spazi disponibili e degli affitti relativamente bassi per organizzare eventi e party. Puma+Bolt, Beats by Dr.Dre, hanno lanciato i loro prodotti qui, non in centro città. Nike percepì la potenzialità di Shoreditch ben prima, nel 2008, aprendo un negozio leggendario: Nike 1948. Forse uno dei primi destination stores. In quegli anni Shoreditch infatti era ancora molto grezza e per trovare dovevi cercare, ma se riuscivi a trovare, trovavi il meglio.
Oggi una moltitudine imbarazzante di negozi colmano le strade tappezzate di streetart, dove serpeggia un’energia travolgente e sembra di poter sentire il battito stesso della creatività.
Oltre a disegnare e sviluppare sneakers vi siete cimentati anche a lanciarle sul mercato, percorrendo quindi l’intero percorso dall’idea iniziale al cliente finale. Come è stata questa esperienza?
Tom:
Un buon storytelling è fondamentale, è una giungla là fuori. Ci sono tantissimi prodotti in giro e per farsi sentire serve un messaggio interessante e unico che riesca a raggiungere e catturare l‘attenzione del pubblico. Perchè questa sneaker è speciale? Perchè dovrei comprarla?
Prima di posare la matita ci piace immergerci in profondi brainstorming dai quali germogliano le idee. Non è facile traghettarle fino al lancio del prodotto, il processo è lungo e tortuoso, non a caso esiste un massiccio dipartimento marketing all’interno di tutte le aziende, c‘è un sacco di lavoro da fare!
Quando ci è stata lanciata la sfida, comunque, l’abbiamo colta, ed è stata un’esperienza fantastica.
Hector:
Sicuramente la nostra specialità è il design e lo sviluppo del prodotto: è’ quello che sappiamo fare meglio.
E‘ evidente, però, che oggigiorno il marketing ha assunto un ruolo fondamentale. Difatti le linee guida per la creazione di un prodotto vengono spesso dettate da uno studio delle esigenze del mercato. Quindi ci siamo rimboccati le maniche per estendere le nostre skills e abbiamo assunto giovani esperti di fotoritocco, digital media marketing, modellazione 3D, visual art, in modo da poter offrire ai nostri clienti, quando richiesto, un servizio totale, dalla a alla z.
Da buoni sneakerheads possedete una conoscenza enciclopedica del settore. Domanda difficile: tra tutte le sneakers di ieri ed oggi qual’è la vostra preferita?
Tom:
La mia numero uno è la Nike Mag di Back to the Future II per il look rivoluzionario e per l’influenza che ha avuto e che ancora ha sul mondo sneakers. E’ ovvio che non sono l’unico ad adorarla visto che la sua stessa esistenza sul mercato è il risultato di una petizione popolare: Nike l’aveva pensata solo ed esclusivamente come prop per il film ma sotto la pressione dei fans è stata costretta ad industrializzarla.
Conseguenza: ha dovuto scervellarsi per realizzare il celeberrimo self-lacing system. Oggi, dopo 33 anni e innumerevoli prototipi, Nike Adapt è un discendente diretto. La fantascenza è diventata realtà!
Parlando di futuro, quale sarà la più grande novità nel mercato?
Hector:
L’industria della moda è estremamente inquinante ed è in corso un’epocale presa di coscienza. Credo sia questa la più grande novità nel mercato. Sotto l’ombrello della sostenibilità i designer si stanno impegnando ad ideare prodotti facilmente scomponibili alla fine del life-cycle e quindi riciclabili, i produttori stanno lavorando a nuovi materiali meno impattanti sul pianeta come plastiche di origine vegetale o conciature chimicamente meno aggressive, i consumatori stanno contribuendo virando verso brands eticamente corretti e abbracciando la filosofia buy-less buy-better, magari puntando sulla durabilità.
Per allungare la vita delle sneakers si può ricorrere al servizio di risuolatura, ad esempio nelle Vibram Academies, o a quello di pulizia nelle Sneakers laundries. Nuovi business ad-hoc stanno spuntando come funghi per assecondare la domanda.
La sostenibilità è indubbiamente on-trend. Il problema oggi è distinguere quella vera dal cosidetto greenwashing. In futuro speriamo venga ideata ed applicata una sorta di certificazione dei prodotti davvero sostenibili, un sigillo di garanzia, che aiuti il consumatore ad orientarsi.
Questo è tutto da Shoreditch, Londra. Grazie infinite Hector e Tom e check out thefootsoldiers.com e thefootsoldiers su Instagram per info e updates.
advertising
advertising