FOOTWEAR

29 Dicembre 2024

Articolo di

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Camilla Bordoni

Tutto quello che devi sapere sulle Tabi di Maison Margiela

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29 Dicembre 2024

Articolo di

Camilla Bordoni
Maison Margiela Tabi storia origini Martin Margiela

Tutto quello che devi sapere sulle Tabi di Maison Margiela

O le ami o le odi, la via di mezzo non c’è perché le Tabi di Maison Margiela costituiscono una categoria tutta loro. Controverse, antiestetiche ma esotiche e seducenti, dal loro debutto in passerella nel 1988 queste particolari shoes hanno dato prova di quanto la moda si diverti a sperimentare, a reinterpretare e, sì, anche a contraddirsi.

Come spesso succede per i fashion items “troppo avanti con i tempi”, le Tabi di Maison Margiela non furono capite subito. La loro estetica passò in sordina al momento del lancio, solo dopo qualche anno la loro linea e forma divenne prima desiderata dal target di nicchia e successivamente si trasformò in quella caratteristica altamente distintiva che rese le shoes con il pollice separato dal resto del piede l’oggetto del desiderio dello zeitgeist modaiolo. Di tutto si è detto delle Tabi, ma voi conoscete come è nata questa scarpa divisiva e amatissima? E sapete il perché ancora continua a essere al centro dell’attenzione nel fashion system?

Le origini delle Tabi: dal Giappone alla passerella

Per rispondervi a proposito della timeless delle Tabi vogliamo citarvi Coco Chanel: «La moda passa, lo stile resta». Ebbene, se questa scarpa ha saputo resistere al passaggio dei trend il motivo risiede nella sua natura, ma andiamo per step. Iniziamo col dirvi una verità che vi suonerà male: Martin Margiela non ha “inventato“ niente, semmai ha adottato un restyling. Le prime Tabi della storia infatti hanno origini nel Giappone del XV secolo circa con dei particolari calzini contraddistinti da una spaccatura sul davanti che l’élite indossava insieme ai sandali dell’epoca.

Non tutti però potevano sfoggiare lo stesso colore poiché vi erano tinte specifiche che indicavano la precisa appartenenza nella scala gerarchica. Se l’alta società poteva permettersi la shade dell’oro, alla classe operaia era concesso vestire i piedi unicamente di blu. Solo intorno agli anni ’20 del 900 questi soks videro una prima rimodellazione diventando Jika-tabi, grazie all’imprenditore Tokujirō Ishibashi che pensò di aggiungere una suola in gomma per raggiungere un maggior livello di protezione. In poco tempo diventarono così la scarpa standard preferita dei lavoratori dal momento che lo split toe era in grado di garantire agilità e comodità allo stesso tempo.

Prima di arrivare alle Tabi griffate da Margiela c’è però una doverosa tappa intermedia, una parentesi sportiva firmata dall’athleisure brand fondato a Kobe dal signor Kihachiro Onitsuka. Per risollevare gli animi e donare al Giappone post seconda guerra mondiale un simbolo di rinascita, il marchio Asics (che si chiamava ancora Onitsuka e solo nel 1977 divenne l’acronimo dell’espressione latina “Anima Sana In Corpore Sano” a seguito della fusione con le altre due aziende GTO Co. e JELENK, ndr) lanciò nel 1953 la prima ONITSUKA Marathon TABI, calzatura da maratona che si distinse proprio per la sua silhouette.

Infine, una manciata di anni dopo, il genio-fondatore Martin Margiela continuò il lavoro di restyling, ispirandosi proprio all’iconico calzare giapponese per le sue Tabi. Nel docufilm “Martin Margiela: In His Own Words”, lo stilista ha svelato:

lo stress di voler creare una scarpa diversa da tutte quelle viste fino a quel momento era forte. Allora, in un frangente, mi sono ricordato della mia prima volta a Tokyo, e degli operatori stradali con le tabi in cotone, con la suola piatta. Mi sono detto ‘perché non posso farne una anch’io, morbida allo stesso modo, ma con il tacco?’ Ecco, è nata così.

Nel 1988, durante il suo debutto nella settimana della moda parigina, portò così le Tabi in passerella lasciando letteralmente il segno. Prima di camminare su una pedana di cotone bianca, infatti, alle modelle fu chiesto di intingere la suola delle scarpe in un po’ di vernice rossa così da lasciare dietro di loro impronte biforcute che sembravano appartenere a creature mitologiche. Questo dettaglio apparentemente ludico è diventato l’emblema dello statement-design della scarpa: eccentrico, concettuale e volutamente disruptive.

Quella prima collezione segnò forse la fortuna di Martin Margiela che sulle Tabi ci fondò un impero, un manifesto artistico che si impegnava a sfidare l’etichetta dell’anti-moda e che, a dire del designer, ci riuscì benissimo: «Dopo varie collezioni, la gente ha iniziato a richiederle. E ne voleva sempre di più… Da allora non ha mai smesso di volerle, grazie a Dio». In definitiva? Le Tabi e la loro estetica furono portate avanti e declinate anche su altri accessori e capi sold-out, come guanti e T-shirt.

Tabi, collaborazioni e status quo

Dagli stivaletti originali, le Tabi si sono evolute in un’intera gamma di modelli, diventando sempre più versatili e amate dagli “entendeur” del fashion system. Mocassini, ballerine e persino sneaker hanno seguito il percorso dei boots, dimostrando l’infinita adattabilità e “resilienza” di questa silhouette. Merito chiaramente di Maison Margiela che ha saputo mantenere il design fedele alle sue radici, aggiungendo talvolta dettagli innovativi o ridisegnandole insieme a diverse realtà, da quelle più urban e street style a quelle più chic.

Esempi in tal senso, sono le collaborazioni ufficiali con Reebok, che ha visto le Tabi fondersi anche con le iconiche Instapump Fury, o con Christian Louboutin e le pump dalla suola rossa mostrate durante il défilé Artisanal. Di fatto queste partnership non solo hanno dato vita a nuovi modelli, ma hanno avvicinato la scarpa a un pubblico sempre più ampio, includendo anche chi, inizialmente, vedeva nelle Tabi un oggetto troppo sperimentale. Inoltre è necessario sottolineare che l’estetica Tabi è stata negli anni ripresa pure da altre griffe; marchi come Nike e Prada ne hanno infatti proposto una loro interpretazione, riscontrando un discreto successo commerciale pur non apportando la firma colab con Maison Margiela.

Sarà che ultimamente le Tabi hanno visto recentemente una nuova età dell’oro, essendo finite l’anno scorso in cima alla classifica del Lyst Index come item più desiderato, ma sempre più celeb e star le indossano. Rihanna, Zendaya, Anya Taylor-Joy, Dua Lipa sono solo alcuni dei nomi delle celebrità che le hanno sfoggiate, contribuendo a cementare il loro status quo di oggetto del desiderio. Perché in verità sfoggiare le Tabi non è solo una scelta di stile, ma una dichiarazione di intenti e di appartenenza a un gruppo culturale che si vuole distinguere seguendo la filosofia del no-season.

Il lato delle Tabi che forse non conosci

Partiamo da una info utile: come i capi, anche le Tabi di Maison Margiela sono contraddistinte da simboli di riconoscimento. Il primo è chiaramente l’etichetta numerica, dove, in questo caso, il 22 è la cifra riferita alle scarpe, il secondo è invece la chiusura a corsetto nascosta nella parte interna degli stivaletti. Quindi, non fatevi fregare se le state cercando second-hand…

Adesso veniamo ai punti salienti, perché all’epoca dei meme volete che non ci sia un fun fact sulle Tabi? Vista la popolarità e la forma biforcuta della calzatura, vi sarà capitato di imbattervi in scatti particolari. Stiamo parlando di alcune foto che accostano le shoes indossate a quelle di zampe degli animali. Ma in verità ci riferiamo principalmente alle pics di alcuni utenti che le hanno immortalate nei loro social post inserendo nella fessura tra le dita (davvero) ogni tipo di oggetto. Dopotutto qualsiasi cosa sta bene con le Tabi… un foglio, una sigaretta, delle cuffie, un bicchiere di vino.

A proposito di food&beverage, se vi dicessimo che potete gustarvi una Tabi ci credereste? Non stiamo mentendo, a Seoul c’è infatti un vero e proprio Maison Margiela Café dove è possibile prendersi una pausa deliziosa con un menu pensato insieme al Bonanza Coffee Roasters. Il tutto, ovviamente, circondati dall’atmosfera minimale della griffe e magari anche dalla Tabi / Four Stitches Mousse Cake, che nemmeno a dirvelo è viralissima sui social.

Un ultimo fun fact sulle Tabi? Al di là di chi sostiene che indossarle sia come svolgere un test della personalità, nel 2023 le shoes in questione sono state protagoniste di un furto un po’ bizzarro diventato famoso su TikTok. Le protagoniste sono un paio di ballerine di Maison Margiela rubate a una ragazza di nome Lex dopo l’incontro con un uomo conosciuto su Tinder. A seguito della condivisione della sua storia, la content creator pare abbia ricevuto innumerevoli messaggi che non solo confermavano l’identità del ladruncolo, denominato poi Tabi Swiper, ma che lo denunciavano anche di aver regalato le amatissime Mary Jane alla sua ragazza.

Non preoccupatevi, c’è un lieto fine: il ladro, una volta smascherato, pare abbia accettato di restituire a Lex le sue scarpe, ma a prescindere da come siano andate le cose questo episodio vi può insegnare due cose. La prima è che quando si tratta di denunciare un furto/o un disservizio i social sono un buono strumento per alzare la voce. La seconda è quella di mettere al sicuro le vostre Tabi prima di accogliere in casa qualcuno. Perché si sa, soprattutto con delle cool shoes genere, vale il detto “fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio!”.

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