STYLE

20 Giugno 2024

Articolo di

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Camilla Bordoni

The social dissing: moda, designer e altre cose che (non) convincono

STYLE

20 Giugno 2024

Articolo di

Camilla Bordoni
Alessandro Michele Valentino Social Dissing moda designer

The social dissing: moda, designer e altre cose che (non) convincono

La moda lo sa, per capire se una cosa piace bisogna postarla sui social. La moda lo sa, che basta una manciata di commenti per farne un caso mediatico. La moda lo sa che il top o il flop di una collezione, una scarpa o una scelta stilistica passa dagli esperti del settore ma viene crudelmente decisa dai fan (o dagli haters, dipende) e da tutti quei commentatori seriali che sui social non la mandano a dire. Stiamo dicendo che la moda lo sa quanto il gioco possa essere rischioso e stiamo dicendo che le fashion house sono consapevoli di essere pedine e game master allo stesso tempo.

D’altra parte di questi tempi ai brand per analizzare il sentiment è necessario muoversi sul filo di un rasoio. Non bastano le vendite ma serve bilanciare rumors, viralità, estetica e una buona strategia marketing che, in caso di fallimento, garantisca un paracadute. Se poi questo si apra lo si potrà sapere al momento, tuttavia è assodato che spetti alla côte del glamour la parte più divertente della faccenda. Chiamatelo blastare, puntualizzare o semplicemente esprimere la propria opinione, ma se qualcosa non convince l’utente state certi che la notifica arriva.

Social surprise surprise by Alessandro Michele

Alla fine è successo, Alessandro Michele l’ha fatta al fashion system un’altra volta prendendolo di sorpresa sui social. Stiamo ovviamente parlando della resort 25 del nuovo Valentino che il designer ha reso nota la mattina del 17 giugno scorso (lo stesso giorno in cui sfilava la sua ex casa Gucci, ndr) con un carosello di soli due dei 171 look complessivi. Un buongiorno che è stato un vero happening per tutti e che da subito ha creato parecchio buzz. Si vuole per il come back dell’estro dello stilista dopo lo stop dalla maison di Kering, si vuole perché di fatto la collezione condivisa ha iniziato a dare un assaggio di quello che sarà il suo debutto in passerella previsto a settembre con la maison prima guidata da Piccioli.

Ma se è pur vero che l’hype è stato stellare, lo è altrettanto il fatto che la collezione ha diviso molto l’opinione e l’apprezzamento del pubblico sui social. Oltre ai commenti positivi, che comunque ci sono stati, quello che effettivamente è saltato più all’occhio è che la maggior parte delle persone non è risultata pienamente soddisfatta. La motivazione è che molti hanno visto nella resort il Gucci di Alessandro Michele e non il Valentino di Alessandro Michele.

«È Gucci trasformato in Valentino», «Vucci» o «Gucci revamp» sono solo alcune delle frasi che si possono leggere sotto qualsiasi post che abbia ripreso la notizia su Ig, oppure che l’abbia “memeficata” perché di fatto c’è chi si chiede: «Gucci Ancora o Valentino di nuovo?».

Dior e Chanel: sui social non tutti le amano

Considerando che nel mondo fashion gli schieramenti e le “tifoserie” esistono da sempre, è normale che un direttore creativo possa stare stretto a qualcuno mentre altri lo amino. C’è solo una differenza rispetto al passato, ovvero che prima erano solo i critici del segmento ad emettere un giudizio circa la direzione creativa che una maison aveva deciso di intraprendere, mentre oggi può farlo chiunque sia in possesso di una connessione Internet e un telefono. Fatta questa premessa, chi segue un po’ la moda e lo show che le ruota attorno sa perfettamente che su due designer pende (il più delle volte) una spada di Damocle.

Si tratta di Virginie Viard, fino a poco tempo fa alla guida di Chanel, e Maria Grazia Chiuri, attualmente da Dior. Nonostante i dati del fatturato risultino postivi, sembra proprio che non siano riuscite a convivere una parte dei fashion addicted. L’una considerata troppo conservatrice e old fashion, l’altra semplicemente troppo commerciale. La verità? È che non sempre le ciambelle escono con il buco, ma nonostante ciò tutto rimane una questione di gusto.

In or out, sui social gli accessori sono imputati

Ci sono opinioni sulle collezioni, sui designer, sulle campagne pubblicitarie e persino sul glow up dei brand (ma qui ci arriveremo più avanti, ndr), potevano mancare i commenti sugli accessori? Ovviamente no. Sarà perché questa categoria di items permette di sperimentare maggiormente con il design, giocando con le forme e talvolta con le stranezze? Può darsi, ma anche in questo caso se qualcosa non convince la pioggia di commenti piomba come un fulmine al ciel sereno.

@sourpatch_kiwi Replying to @exelia this is low key genius if you think about, basically as long as you own a luxury brand you can ask however much your sweet heart desires. 🤣 #pradamoneyclip #designermoneyclip #designeritems #prada #thisfeelswrong #wouldyoubuythis #expensivethings #thingswithatrociousprices #designerlovers ♬ original sound – Dolce Vita

È successo per il portasoldi di Prada, una graffetta di metallo che visto il prezzo è stato considerato troppo esoso. In maniera diversa, è accaduto anche a Loewe per le sue clutch provocatorie e giocose, a Balenciaga per le sneaker XXL e persino a Fendi che all’ultimo show ha mostrato un paio di loafer simili a quelle virali di New Balance. Se le parole confermeranno i fatti, allora non vedrete nessuno di questi accessori nelle foto profilo dei creator e nemmeno nei look streetstyle. In caso contrario succederà come per i pee stain denim di Jordanluca che, nonostante le faccine vomitevoli condivise su Ig, hanno raggiunto il sold out.

Finalmente ti blasto, la rivincita di Desigual

Fino a qualche anno fa il fashion system aveva il suo capro espiatorio preferito: Desigual. Quelle magliette iper colorate e abiti patchwork con fantasie che non c’entravano apparentemente nulla l’una con l’altra raccoglievano tanti dissensi quanti meme sui social. Insomma proprio non riuscivano a convincere nessuno cosicché per molto, moltissimo tempo, il marchio è stato un po’ il brutto anatroccolo della moda. Velatamente bistrattato e platealmente preso in giro nonostante fosse sulla piazza dal 1984.

Con il tempo al marchio fu chiaro di dover cambiare qualcosa, se non il suo core business almeno la strategia di comunicazione e la presenza d’immagine. Quindi eccoci arrivati al glow up, ecco gli abiti cool, la blasoneria da sfilata, ecco anche le stampe fantasiose ma con quel mix di Y2K che oggi piace tanto. E gli utenti? “First reaction shocked”! Desigual è diventata la cenerentola felice e contenta (e con abiti più belli)… però una rivincita le spettava.

Della serie “perdono ma non dimentico”, la griffe sui social è fiera del proprio glowing e lo sbatte in faccia agli utenti incorporando nelle adv proprio i commenti scritti sulle varie piattaforme e imprimendo su alcune T-shirt la scritta: «I never thought I’d wear Desigual». E ora le reaction sotto i suoi post controllatele voi, ma sappiate che da odiatori ad amatori seriali è un attimo o, meglio, c’è il tempo di una collezione.

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