Saint Laurent e il metodo Anthony Vaccarello
STYLE
24 Marzo 2025
Articolo di
Michela Frau
Saint Laurent e il metodo Anthony Vaccarello
Sensualità sublime, provocazione – misurata e mai fine a se stessa – e seduzione. Sono queste le principali note che Yves Saint Laurent ha combinato ed equilibrato in armonia con lo spirito del tempo per creare il guardaroba femminile contemporaneo. Abiti concepiti non solo con la finalità di far sentire belle le donne che li avrebbero indossati, ma per dar loro fiducia, sicurezza e soprattutto potere.
«Comprese l’importanza dello stile sopra la moda. Sostituì la distinzione con la giovinezza. Sublimò il cross-dressing. Coniugò più di chiunque altro la couture con lo street style, l’arte con la moda. Fece uscire le donne dai castelli e dagli harem, dai sobborghi e dalle periferie e, in un batter d’ali, sedusse il mondo». Poche parole scelte da Sofia Gnoli per il capitolo del suo libro Moda. Dalla nascita dell’haute couture a oggi, che descrivono al meglio il prezioso patrimonio lasciato in eredità dallo stilista franco-algerino.
Un lascito che ha inevitabilmente scandito la storia della moda. C’è un prima e un dopo Yves Saint Laurent, e la custodia di quel dopo – la sua evoluzione e il suo rinnovamento – è affidata ora alla visione di Anthony Vaccarello. Lo stilista belga è stato arruolato nel 2016 dal proprietario Kering per scrivere un nuovo capitolo della maison parigina per eccellenza.
Un compito prestigioso e al contempo complesso, ancor di più quando si è chiamati ad assolverlo dopo il successo indiscusso del lavoro condotto da Hedi Slimane per la maison. Ma grazie a un bagaglio costruito tra gli studi alla Chambre di Bruxelles e le precedenti esperienze in Fendi e Versus di Versace, a cui si aggiunge un innato gusto per il bello in senso tradizionale ( tutt’altro che sperimentale come ci si aspetterebbe da un designer cresciuto in Belgio), Vaccarello ce l’ha fatta.

Pochi detrattori e decisamente molti ammiratori, tra cui forse anche il più difficile da conquistare: Pierre Bergé, che in passato non ha esitato a rilasciare commenti tranchant sull’opera di chi, in precedenza, era stato chiamato a ricoprire il ruolo che un tempo apparteneva al suo compagno d’affari e di vita. «Tu non sei Yves Saint Laurent, non provare a esserlo. Crea la tua visione e seguila», consigliò allo stilista. Un invito colto senza indugi.
Sfumando i confini tra maschile e femminile, giocando con la sensualità e dialogando con tutte le forme d’arte, Vaccarello ha messo a punto un suo metodo scientifico, fondato sulla modernizzazione degli archetipi della maison. Stilemi che ha assimilato e osservato, per poi distaccarsene e ridare loro vita, raccontandone l’evoluzione. D’altronde, la modernità non è essa stessa il pilastro portante dell’opera di Monsieur Yves? Tale formula ha permesso al designer di preservare il supporto dei fedelissimi della griffe e, al contempo, di guadagnare l’approvazione dei più giovani.
Lavorare sui fondamentali
C’è il tailoring, il nude look e la sahariana. Gli stivali cuissardes e i bijoux bold. Ci sono tutti i fondamentali di Yves Saint Laurent nel lavoro di Vaccarello. Ma non si tratta di un esercizio di puro citazionismo, bensì di un espediente per lavorare su concetti chiave come sensualità, libertà, chicness e fiducia in se stessi. «Sono principi che, secondo me, incarnano i desideri di una donna moderna in relazione all’atto di vestirsi. Per me, l’idea di creare abiti che replichino il DNA del brand non ha alcun senso. Voglio lavorare su quattro concetti chiave», ha dichiarato lo stilista in un’intervista rilasciata a Marie Claire.
Ecco allora la collezione spring-summer 2025, specchio delle mille donne Saint Laurent: quelle avvolte da un abito a balze dal gusto bohémien o quelle che incedono sul catwalk indossando completi che rappresentano un’evoluzione del celebre Smoking del 1966, capace di scuotere il mondo di allora a colpi di empowerment (scelto nella sua versione total white da Bianca Jagger per le nozze con Mick Jagger). Come il fondatore, Vaccarello guarda alle silhouette tipiche del menswear, da cui parte per la costruzione di giacche doppiopetto con spalle esagerate e vita affusolata, sui quali si adagiano gioielli chunky in oro. O per i blouson in pelle, ormai diventati un capo signature del brand.


Per la fall-winter 2024/2025, lo stilista rilegge il nude look (1968), attraverso un gioco di trasparenze, mai volgari e sapientemente misurate, sia per le lunghezze (midi) sia per dose di malizia. C’è stato poi il momento della sahariana, presentata per la prima volta nel 1967, eletta a protagonista della collezione spring-summer 2023 come punto di partenza per una riflessione sull’essenzialità e l’esigenza di eliminare il superfluo.


Era il 1988 quando il New York Times raccontava di come Monsieur Yves, ispirato anche dal suo profondo amore per il Marocco, non avesse eguali nell’uso dei colori. «Nessun altro può mescolare combinazioni così improbabili come il verde, il blu, il rosa e il giallo senza farle sembrare sgargianti». Ora quelle tonalità, così sature, così piene, corrono sulla collezione di Vaccarello più colorata di sempre. Presentata in chiusura della più recente Paris Fashion Week, la fall-winter 2025 gioca con le shapes modellate dall’uso di una palette decisamente audace.
Il dialogo con tutte le forme d’arte
La pittura. Il balletto e il cinema. Tra l’arte, in tutte le sue forme, e le creazioni di Monsieur Yves, il dialogo è stato fin dal principio intenso e costante. Dalla citazione delle opere dei grandi pittori, a partire dalla collezione del 1965 dedicata a Mondrian, passando poi attraverso la pop art (1966), Matisse (1981) o il cubismo (1988), tale rapporto si è evoluto toccando diverse sfere. Dall’amore per il teatro e, ancor di più, per il balletto (tangibile nei costumi realizzati per Zizi Jeanmaire) a quello per il cinema.
Iniziato quando, nel 1967, Saint Laurent vestì una giovane Catherine Deneuve, allora protagonista di Bella di giorno (pellicola di Luis Buñuel), il rapporto tra la maison e la settima arte è, grazie a Vaccarello, più vivo che mai. E non si limita esclusivamente alla realizzazione dei costumi: dal 2023, la griffe ha fondato la Saint Laurent Production, rendendola la prima casa di moda ad avere una propria divisione dedicata alla produzione dei film dei più grandi autori del panorama.
«Per noi questo significa avere l’opportunità di comunicare in modi nuovi, diversi», spiega a Vogue l’attuale creative director. «Grazie a questi film, il nome di Saint Laurent vivrà per sempre». Il nome della maison sarà quindi sempre legato a Parthenope di Paolo Sorrentino, Emilia Pérez di Jacques Audiard o Strange Way of Life di Pedro Almodóvar.

L’importanza delle muse
Definirle muse potrebbe essere persino riduttivo. Amiche fraterne, fonte inesauribile di ispirazione e compagne di scandali, sregolatezza mondana e fragilità. Il rapporto che Yves costruiva con le sue donne era viscerale e tutt’altro che limitato alla sfera lavorativa. C’erano Betty Catroux, Loulou de La Falaise, Paloma Picasso e Bianca Jagger. «I suoi abiti risolvevano dubbi, curavano ferite, spalmavano un balsamo che, in modo sottile, ci conferiva qualsiasi potere», ha raccontato a Madame Le Figaro Amalia Vairelli, il cui sodalizio con Saint Laurent iniziò nel 1978 e che ancora oggi va avanti.
La top model posa emozionata in un recente video condiviso da Vaccarello pochi giorni prima dell’ultimo défilé e, rispondendo alla domanda dell’interlocutore su cosa sia per lei Saint Laurent, traccia un fil rouge tra passato e presente. Testimonianza di come, ancora oggi, la maison si nutra di un rapporto sincero e aspirazionale con le sue muse, quelle del passato e quelle del presente.
Alcune hanno iniziato a lavorare con Monsieur Yves, altre, come Anja Rubik, si sono legate alla maison con l’arrivo di Vaccarello, che come il fondatore condivide (tra le tante cose) la capacità di creare legami duraturi e profondi con modelle, attrici, fotografi e celebrità. Non è un caso, quindi, che Bella Hadid abbia scelto di calcare la passerella allestita poche settimane fa sotto le luci della Tour Eiffel per il suo unico catwalk della stagione. O che A$AP Rocky, in occasione del processo per le accuse di aggressione con arma da fuoco (per il quale è stato definitivamente assolto), abbia indossato impeccabili abiti sartoriali firmati proprio Saint Laurent. Ricordate, a proposito, la questione degli abiti che danno potere?

Impossibile non citare poi la campagna Summer 2025, che vede Michelle Pfeiffer tornare in scena negli scatti di David Sims, destinati a diventare iconici. Ci sono poi Zoë Kravitz, protagonista di diverse campagne, nonché di una capsule di rossetti realizzata nel 2019 con la divisione YSL Beauty, Hailey Bieber e Rosé delle BLACKPINK, global ambassador della griffe. Insomma, l’esercito di Saint Laurent è numerosissimo e fedelissimo.
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