Il valore artistico delle campagne fotografiche nella moda
STYLE
24 Marzo 2025
Articolo di
Eleonora Giordani
Il valore artistico delle campagne fotografiche nella moda
Con le ultime fotografie virali sul web di Bad Bunny per Calvin Klein, è inevitabile domandarsi quale sia oggi il valore di una campagna di moda. Se prima dell’avvento delle riviste, per come le conosciamo adesso, erano le illustrazioni dei grandi maestri del disegno a raccontare le ultime tendenze, oggi, da oltre un secolo, la fotografia di moda è la protagonista indiscussa della narrazione visiva del nostro tempo.
Erano stati Condé Nast, che acquisì Vogue nel 1909 dopo la sua fondazione nel 1892, e Harper & Brothers, che nel 1867 fondarono Harper’s Bazaar, a fare spazio agli scatti fotografici sulle loro pubblicazioni. Con questo tentativo si aprirono quindi le strade della sperimentazione e della persuasione attraverso l’immagine. Perché la fotografia di moda rappresenta la possibilità di cogliere un’istantanea del presente, accuratamente premeditata, capace di ispirare e attrarre. Da sempre, l’obiettivo è quello di mostrare “come potrebbe essere il mondo”, incantare o provocare, ma soprattutto far desiderare.
Nel tempo sono stati tantissimi i fotografi, i registi e gli stilisti che hanno percorso le tappe fondamentali dell’evoluzione della moda, raccontando i cambiamenti del contemporaneo e, in certi casi, anticipandoli. È importante riconoscere che il lavoro di questi professionisti, ingaggiati dai brand o dalle principali testate giornalistiche di moda e lifestyle, trova un equilibrio perfetto tra autorialità – la capacità di distinguersi dagli altri – e pubblicità, fine ultimo delle campagne fotografiche.
La sfida è quella di ritrarre una celebrity o una modella e cucire intorno alla sua immagine, vestita e accessoriata con i capi delle grandi maison, un linguaggio innovativo e potente. Questi scatti nascono per interpretare l’essenza del brand in due dimensioni, sia sulla carta stampata che sul digitale, e per emozionare chi non fa parte di quel mondo, avvicinandolo il più possibile. È facile perdersi nello sguardo di chi posa nel fermo immagine e, ancora di più, tornare con la mente al sentimento che ci ha suscitato.
Non tutte le campagne sono destinate a durare nel tempo, ma è impossibile negare la loro abilità nell’intercettare molto più della semplice bellezza dei corpi che indossano certi abiti. A differenza dei dipinti, le fotografie si distinguono per la loro riproducibilità tecnica e contribuiscono di fatto alla diffusione su larga scala dell’opera. La fotografia di moda non si limita a dare visibilità e contribuire alla vendita dei prodotti firmati, ma offre l’opportunità di raccontare qualcosa in più. Roland Barthes, come spiega ne Il senso della moda, era convinto che le immagini di moda derivassero da un processo di associazione delle idee.
Gli abiti che osserviamo, la luce che colpisce la pelle dei protagonisti, il palcoscenico in cui i corpi sono immortalati raccontano molto più di ciò che appare. Il significato che si nasconde dietro un accessorio, un oggetto di scena, un’inquadratura, ci viene suggerito da questi elementi e ci porta lontano dal semplice momento dello scatto. Cerchiamo nella nostra memoria qualcosa che gli somigli e, se non riusciamo a trovarlo, lo desideriamo terribilmente. Alla moda resta quindi il compito di creare un mimetismo tra ciò che vediamo e ciò che sentiamo.
Le fotografie nella storia delle campagne moda
Oliviero Toscani, Fiorucci 1979
Con un’estetica innovativa e uno spirito audace, questa campagna rappresenta al meglio l’energia ribelle e pop di Fiorucci, il brand nato nel 1967. A firmarla è stato Oliviero Toscani, celebre fotografo recentemente scomparso, che con Fiorucci – New Wave Italian Fashion ha dato vita a uno degli scatti più iconici della moda italiana. Negli anni ’70, Elio Fiorucci porta a Milano il gusto della Swinging London e l’iconico stile americano fatto di jeans e T-shirt, ridefinendo il concetto di moda giovane e cosmopolita.
Peter Lindbergh, Alexander McQueen 2003
È stato Peter Lindbergh, fotografo tedesco, a cogliere l’essenza dell’Oyster Dress, l’abito scultoreo firmato Alexander McQueen nel 2003. Con questa immagine, Lindbergh rievoca la fragilità del mare, esaltando l’abilità e la maestria del designer britannico e trasformando l’abito in un simbolo poetico dell’estetica visionaria del brand.
Herb Ritts, Calvin Klein 1992
Queste immagini di Calvin Klein hanno fatto il giro del mondo perché, negli anni ’90, hanno dato un volto – anzi, due – alla nuova generazione. Attraverso la lente di Herb Ritts, Kate Moss e Mark Wahlberg incarnano l’ideale di coolness, sensualità e modernità, diventando simboli di un’epoca.
Mario Testino, Gucci 2003
Nato dalla mente di Tom Ford, direttore creativo di Gucci dal 1994 al 2004, questo scatto provocatorio, firmato Mario Testino, è diventato una delle immagini più audaci e iconiche della moda. Con un’estetica patinata e seducente, la campagna incarna la visione di Ford, che negli anni ’90 ridefinisce il linguaggio pubblicitario della maison, trasformando il desiderio in strategia e facendo della sensualità il cuore della sua rivoluzione estetica.
Richard Avedon, Versace 1994
Senza paura, potenti e sensuali, le donne di Versace degli anni ’90 incarnano l’essenza del glamour e della confidence. Lo dimostra questo scatto di Richard Avedon per la campagna Autunno-Inverno 1994, che immortala alcune delle prime supermodelle della storia: Nadja Auermann, Christy Turlington, Claudia Schiffer, Cindy Crawford e Stephanie Seymour. Immagine recentemente omaggiata dalla campagna beauty di Rhode, il brand di Hailey Bieber.
Nick Knight, Dior 2002
Con una visione decisamente diversa da quella odierna, Nick Knight immortala Gisele Bündchen per Dior nel 2002. Celebre per i suoi scatti surreali e futuristici, il fotografo britannico dona al brand parigino uno sguardo audace ed esplosivo, attraverso un gioco di luci e colori capaci di esaltarne il carattere seducente e visionario.
Steve Madden 1997-2004
Quello di Steve Madden è stato un caso unico di comunicazione. Alla fine degli anni ‘90 e nei primi anni 2000, il designer statunitense ha raggiunto una fama senza precedenti, grazie anche a questi poster che, nel tempo, hanno definito un linguaggio visivo esclusivo per il brand. Le modelle scelte, ribattezzate Big Head Girls, con la loro estetica eccentrica e i volti allungati, sono diventate un’icona della cultura pop.
Michael Bailey Gates, Valentino 2021
L’autoritratto di Michael Bailey Gates, modello e fotografo, realizzato per il lancio della Valentino Collezione Milano 2021, è stato uno degli scatti più recenti a parlare di libertà e fluidità di genere. Pur essendo stato fortemente criticato, rappresenta la volontà di stravolgere i codici d’abbigliamento e riflette i cambiamenti della società contemporanea portati avanti dalla maison romana.

Steven Meisel, Dolce&Gabbana 1996-97
Se è vero che il buon gusto non esiste, è altrettanto vero che Dolce&Gabbana negli anni ’90 non poteva omologarsi all’estetica della donna in carriera di quel periodo. Nel 1997, grazie all’obiettivo di Steven Meisel, il brand ha realizzato una campagna dal sapore neorealista, costruendo un immaginario legato alla vecchia Sicilia e dando vita a un ideale di donna sexy e trasformista.

Karl Lagerfeld, Fendi 2011
All’epoca direttore creativo di Fendi, Karl Lagerfeld ha curato questa celebre campagna per il brand nel 2011, ispirandosi al sapiente uso degli spazi nelle opere pittoriche di Edward Hopper. Il designer attinge a questo riferimento artistico per costruire una narrazione basata sui contrasti: la stanza appare spoglia, ma ogni elemento al suo interno, dal quadro sul muro alla borsa sulla scrivania, esprime tensione e drammaticità.
Mert Alas & Marcus Piggott, Roberto Cavalli 2005
Divenuto negli ultimi anni il brand più richiesto dagli amanti del vintage, Roberto Cavalli, con le sue campagne dei primi anni 2000, ha contribuito a dare uno spazio estetico al massimalismo, definendone i codici attraverso stampe animalier ed elementi eccentrici. Con Kate Moss, immortalata dall’obiettivo di Mert Alas & Marcus Piggott nel 2005, ha sicuramente raggiunto questo obiettivo.
Diesel 1991-2001
In un intervista rilasciata a Dazed nel 2016, Jocke Jonason, direttore creativo delle campagne pubblicitarie Diesel fra il 1991 e l’inizio del nuovo millennio, racconta l’obiettivo del lavoro realizzato per il brand: “Crediamo che i giovani, come tutti gli altri, siano interessati alla politica, alla vita, a discutere di cose, quindi abbiamo sfidato la mente delle persone. Ciò che abbiamo fatto è stato provocatorio, divertente, ma anche intellettuale: abbiamo più o meno cercato di cogliere la conversazione che si stava svolgendo nella società intorno a noi e di farne arte.” Le sue parole descrivono alla perfezione questo tentativo così ben riuscito.
Oliviero Toscani, Missoni 1992
Cosa poteva esprimere meglio l’identità di Missoni se non un ritratto di famiglia? In questa istantanea, curata da Oliviero Toscani nel 1992, ritroviamo tutte le generazioni della celebre famiglia, dalla coppia di fondatori, Ottavio e Rosita Missoni – recentemente scomparsa – ai loro numerosi figli e nipoti. Vivacità e tradizione sono le fondamenta del marchio, perfettamente catturate in questo scatto.

Peter Lindbergh, Giorgio Armani 1993
Amber Valletta, fotografata da Peter Lindbergh per la campagna Armani del 1993, incarna lo stile essenziale ed elegante del designer milanese. L’immagine rappresenta una delle espressioni più iconiche della maison, sottolineando la sobrietà e il minimalismo che da sempre caratterizzano Giorgio Armani.
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