STYLE

18 Novembre 2024

Articolo di

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Michela Frau

Quando un prodotto si può definire Made in Italy?

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18 Novembre 2024

Articolo di

Michela Frau
Made in Italy Gucci
Courtesy of Gucci

Quando un prodotto si può definire Made in Italy?

È da un patto tra creatività e produzione industriale che nasce il Made in Italy. Un’alleanza che, a partire dagli anni Settanta, nel settore della moda vide da un lato stilisti come Giorgio Armani e Walter Albini mettere sul piatto idee e design, dall’altro, aziende come il Gruppo Finanziario Tessile (GFT) e la molisana Itierre offrire il know-how necessario per la produzione in serie di capi di pregiata fattura, una caratteristica un tempo riservata esclusivamente agli abiti sartoriali.

Collezioni all’avanguardia, in linea con le esigenze e i gusti dei nuovi consumatori, vennero così per la prima volta prodotte industrialmente dalle aziende della filiera italiana, maestra d’eccellenza e leader nella produzione di prodotti di alta gamma.

Il prestigio e la reputazione di tale sistema sono cresciuti a partire dagli anni Cinquanta del Novecento, rendendo il Made in Italy un’espressione non solo destinata a geolocalizzare l’origine di un prodotto, ma soprattutto un’etichetta che certifica il rispetto di elevati standard qualitativi.

Rientrano in tale definizione tutti i prodotti frutto del sistema manifatturiero tradizionale italiano, che include, oltre all’abbigliamento, anche i settori dell’arredamento, dell’automotive e dell’agroalimentare. Tali ambiti complessivamente hanno consentito al marchio Made in Italy di raggiungere un valore di 2.345 miliardi di euro nel 2023.

Ma quando si può davvero parlare di Made in Italy? I requisiti

Secondo il Codice Doganale dell’Unione Europea, entrato pienamente in vigore nel 2016, e la Legge 350/2003, un prodotto può essere definito Made in Italy quando:

  • È realizzato interamente in Italia;
  • Almeno le fasi principali della lavorazione, che determinano le sue caratteristiche essenziali, sono state eseguite sul territorio italiano.

Nel caso dell’abbigliamento, ciò include operazioni come l’assemblaggio e la finitura, mentre non sono sufficienti attività considerate “minime”, come l’imballaggio o l’etichettatura, che non aggiungono valore sostanziale al prodotto. È quindi importante sottolineare la distinzione tra un capo etichettato come Made in Italy e uno semplicemente realizzato da un marchio italiano, espressione che non dà alcuna informazione circa la provenienza o il rispetto di standard qualitativi elevati.

Un ulteriore passo in avanti è stato compiuto nel 2009 con l’introduzione della certificazione 100% Made in Italy, rilasciata dall’Istituto per la tutela dei produttori italiani a seguito di una procedura di verifica basata su una serie di requisiti specifici. Per ottenerla, i prodotti devono necessariamente essere:

  • ideati e fabbricati interamente in Italia;
  • realizzati con materiali naturali di qualità (che devono essere di prima scelta);
  • costruiti attraverso lavorazioni tradizionali tipiche;
  • realizzati nel rispetto del lavoro, dell’igiene e della sicurezza dei lavoratori.

Una volta attestati questi criteri, l’azienda viene iscritta al Registro nazionale dei produttori italiani e può così ottenere la certificazione, che, oltre a proteggere il valore dei prodotti e a tutelarne l’autenticità e la qualità, ha il potere di influenzare positivamente l’opinione del consumatore finale. Secondo uno studio condotto nel 2023 da Statista, il 70% degli intervistati in Italia è più propenso ad acquistare da aziende con sede nel proprio Paese, e circa il 61% ritiene che i prodotti Made in Italy siano generalmente migliori rispetto a quelli realizzati all’estero. A supporto di questa tesi, un’indagine realizzata da Teleperformance evidenzia che i consumatori italiani sono disposti a spendere fino al 20% in più per prodotti locali.

Tutelare il Made in Italy

Con l’obiettivo di promuovere, tutelare e valorizzare un patrimonio importante per l’economia e l’identità culturale del Paese, il Senato ha approvato lo scorso gennaio la Legge sul Made in Italy, anche nota come legge n. 206/2023.

Tra le principali novità introdotte dal pacchetto normativo figurano: la creazione di un fondo sovrano per sostenere la filiera, l’istituzione del Liceo del Made in Italy e una giornata di celebrazioni (che ricadrà il 15 aprile). A queste si aggiunge l’introduzione di un contrassegno, finalizzato a contrastare l’ascesa del fenomeno della contraffazione, che nel 2023 ha portato al sequestro di oltre 703,8 milioni di prodotti falsi, rispetto ai 279 milioni ritirati dal mercato nel 2022.

«Quello votato oggi è un provvedimento storico, che segna una svolta nella politica industriale del Paese», dichiarò, in occasione dell’approvazione, il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. Eppure, la filiera continua a soffrire, colpita dal rallentamento della produzione, crollata del 10,8% nei primi sette mesi del 2024 secondo Istat, dal boom della cassa integrazione e dalla chiusura di molte imprese.

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