Numerose differenti versioni ruotano attorno alla leggenda alla base della nascita dello storico elemento che, sin dai primi anni di produttività, ha contribuito a rendere Stone Island uno dei marchi più conosciuti ed indossati al mondo.

Prima addentrarci nel pieno del concetto però, è bene precisare che il “Badge” come tutti lo conosciamo al giorno d’oggi presenta una sostanziale differenza rispetto alle forme primordiali di applicazione ai capi delle primissime collezioni del brand: al posto della scontornatura nera in vigore a partire dai primi 2000 infatti, il dettaglio veniva impreziosito da un lining color verde a completare il perfetto accostamento cromatico con la rosa dei venti inserita internamente.

Ma da dove deriva effettiviamente l’idea di applicare la replica del contenuto del quadrante di una bussola all’overlay di capi outerwear finemente studiati e tessuti? La connessione, come spiega Carlo Rivetti stesso, non è per nulla frutto di una semplice esigenza di dover inventare un logo accattivante per il lancio del proprio marchio, in quanto la rosa dei venti inserita all’interno della patch si ispira fortemente alla passione per la ricerca e all’amore per il mare propri della personalità di Massimo Osti e di Rivetti stesso.




Partendo dall’oggettività e dall’inconfutabilità dell’affermazione del direttore creativo stesso, molte altre leggende ruotano attorno al concetto di spendibilità del badge rimovibile, tra le quali la più gettonata e divertente legata all’universo della tifoseria internazionale: si narra appunto che la particolare caratteristica del dettaglio fosse sfruttata dagli Hooligans britannici per sfuggire ai controlli delle forze dell’ordine in quanto simbolo fortemente identificativo del mondo Ultras.



Nonostante le molteplici versioni la cui veridicità si dimostra davvero complicata da verificare, l’oggettività dell’operato Stone Island si è sempre saputa dimostrare sul campo per via del costante ed eccellente lavoro di ricerca e produzione operato dall’azienda italiana.