Dallo streetwear alla couture: i direttori creativi che stanno riscrivendo le leggi della moda
STYLE
31 Gennaio 2021
Articolo di
Maddalena TancorreDallo streetwear alla couture: i direttori creativi che stanno riscrivendo le leggi della moda
Il debutto di Kim Jones da Fendi, con la collezione couture ispirata al Bloomsbury Group di Virginia Woolf, ha riacceso il dibattito sulla fiducia ai premier dello streetwear, ex subculture e ora partito istituzionale del fashion industry. I numeri della moda sono ancora in bilico, ma LVMH (Moët Hennessy Louis Vuitton SE) sembra poter contare su una maggioranza di rappresentanti che hanno ristabilito la desiderabilità dei prodotti senza dimenticare l’obiettivo del mandato: vendere.
Nello stesso programma di marketing rientrano la riforma estetica del fondatore di 1017 ALYX 9SM, Matthew Williams, da Givenchy e di Virgil Abloh per la linea maschile di Louis Vuitton. All’opposizione, Demna Gvasalia da Balenciaga (marchio del gruppo Kering) presiede il tavolo di confronto dei direttori creativi che stanno riscrivendo le leggi della moda.
L’esecutivo formato dai tre esponenti del gruppo finanziario francese e dal fondatore del collettivo Vetements, che tra le altre cose si appresta a riportare Balenciaga alla couture dopo ben 52 anni, ha delle caratteristiche ben precise: gli esponenti non hanno una classica formazione da fashion designer alle spalle e ognuno di loro è amico di Kanye West, per segnalare solo il top player della squadra di questo nuovo governo basato sull’hype. La combinazione dei due punti di discussione ha scatenato molte polemiche nel corso degli ultimi anni: i più ciechi e conservatori hanno insinuato che l’ascesa di Kim Jones, Matthew Williams e Virgil Abloh fosse dovuta unicamente ai favoreggiamenti da parte del giro di contatti di cui fanno parte. Senza dubbio, affidare delle posizioni così importanti a ministri della moda non qualificati, professionisti delle collaborazioni e delle release esclusive, piuttosto che a dei ministri della sartorialità sarebbe potuto costare caro ai giganti finanziari di riferimento; invece, c’è stato solo tanto - ma tanto, tipo miliardi di euro - di guadagnato.
Questi cambiamenti costituzionali, introdotti da Riccardo Tisci ai tempi di Givenchy e, prima di lui, da Raf Simons, hanno decretato la fine della priorità del design dei vestiti in favore di nuovi processi produttivi che impostano l’intero programma creativo sul desiderio dei consumatori. Brand come Givenchy, che durante la direzione creativa di Claire-Waight Keller non ha raggiunto gli obiettivi di fatturato prefissati pur godendo degli apprezzamenti degli esperti del settore, oggi procedono con una nuova strategia di rinnovamento strutturale fondata su tendenze reali.
Il merito di questi nuovi leader è di offrire al pubblico prodotti altamente desiderabili che rispecchiano la personalità dei nuovi consumatori di riferimento: giovani ricchi o borghesi inesperti, ma di certo non tipici aristocratici interessati a capi sartoriali e/o concettuali. Il loro successo nasce anche dalla capacità – quasi politica - di saper raccontare se stessi, i marchi e le proprie collezioni, rappresentando i clienti e quello che vogliono indossare. Così lo streetwear, attraverso Virgil Abloh, Matthew Williams, Kim Jones e Demna Gvasalia, viene eletto ai piani alti del potere della moda; dai grandi gruppi finanziari, ma prima di tutto, dal popolo.
Nello stesso programma di marketing rientrano la riforma estetica del fondatore di 1017 ALYX 9SM, Matthew Williams, da Givenchy e di Virgil Abloh per la linea maschile di Louis Vuitton. All’opposizione, Demna Gvasalia da Balenciaga (marchio del gruppo Kering) presiede il tavolo di confronto dei direttori creativi che stanno riscrivendo le leggi della moda.
L’esecutivo formato dai tre esponenti del gruppo finanziario francese e dal fondatore del collettivo Vetements, che tra le altre cose si appresta a riportare Balenciaga alla couture dopo ben 52 anni, ha delle caratteristiche ben precise: gli esponenti non hanno una classica formazione da fashion designer alle spalle e ognuno di loro è amico di Kanye West, per segnalare solo il top player della squadra di questo nuovo governo basato sull’hype. La combinazione dei due punti di discussione ha scatenato molte polemiche nel corso degli ultimi anni: i più ciechi e conservatori hanno insinuato che l’ascesa di Kim Jones, Matthew Williams e Virgil Abloh fosse dovuta unicamente ai favoreggiamenti da parte del giro di contatti di cui fanno parte. Senza dubbio, affidare delle posizioni così importanti a ministri della moda non qualificati, professionisti delle collaborazioni e delle release esclusive, piuttosto che a dei ministri della sartorialità sarebbe potuto costare caro ai giganti finanziari di riferimento; invece, c’è stato solo tanto - ma tanto, tipo miliardi di euro - di guadagnato.
Questi cambiamenti costituzionali, introdotti da Riccardo Tisci ai tempi di Givenchy e, prima di lui, da Raf Simons, hanno decretato la fine della priorità del design dei vestiti in favore di nuovi processi produttivi che impostano l’intero programma creativo sul desiderio dei consumatori. Brand come Givenchy, che durante la direzione creativa di Claire-Waight Keller non ha raggiunto gli obiettivi di fatturato prefissati pur godendo degli apprezzamenti degli esperti del settore, oggi procedono con una nuova strategia di rinnovamento strutturale fondata su tendenze reali.
Il merito di questi nuovi leader è di offrire al pubblico prodotti altamente desiderabili che rispecchiano la personalità dei nuovi consumatori di riferimento: giovani ricchi o borghesi inesperti, ma di certo non tipici aristocratici interessati a capi sartoriali e/o concettuali. Il loro successo nasce anche dalla capacità – quasi politica - di saper raccontare se stessi, i marchi e le proprie collezioni, rappresentando i clienti e quello che vogliono indossare. Così lo streetwear, attraverso Virgil Abloh, Matthew Williams, Kim Jones e Demna Gvasalia, viene eletto ai piani alti del potere della moda; dai grandi gruppi finanziari, ma prima di tutto, dal popolo.
advertising
advertising