SOUND

11 Aprile 2021

Articolo di

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Luca Gissi

Se non vi piace nulla di “Fastlife 4” forse dovreste cambiare genere

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11 Aprile 2021

Articolo di

Luca Gissi

Se non vi piace nulla di “Fastlife 4” forse dovreste cambiare genere

L'asprezza del sottomondo e il lifestyle esagerato [...] riflettono solo una realtà esistente. L'ascolto è vivamente consigliato a chi abbia visto almeno più di due film, letto due libri e conosca artisti come Lil Wayne, Dipset, G-Unit, Mobb Deep, Coke Boys e simili.​

Già dalle prime parole di “Fastlife 4”, recitate con grande carisma da Claudio Moneta, troviamo la presentazione più esaustiva dell'ultimo viaggio visivo di Guè Pequeno. Ci tiene a dirlo chiaramente: quello che troviamo nel disco è in parte finzione artistica, voluta esagerazione, sproloquio stilistico. Più semplicemente “Fastlife 4” è un disco rap autoreferenziale, parla attraverso i canoni, la storia e i sempreverdi stereotipi del genere.


Questo lo capiamo da una disamina in particolare: la quantità di rime effettive è di tanto sopra alla media dei progetti di rap italiano degli ultimi anni, ma lo è anche rispetto agli ultimi album di Guè. Per fare questo l'artista ha dovuto estraniarsi da dove ci aveva lasciati, e tornando indietro si è facilmente ritrovato in questo suo “cinema di strada”. In realtà, pensandoci, è proprio questa la via per trasformare in musica l'occhio da regista. In molte della tante immagini hollywoodiane proposte dal rapper potremmo immaginare la sequenza di un cineasta: dai movimenti di macchina alle luci, il rap torna a suggestionarci in ciò che è di per sè. Guè si conferma un regista nel rap italiano: c'è il ritorno di così tanto rap in primis perchè ha tanto da voler raccontare, affidandosi completamente alla sequenzialità delle rime.

Ci troviamo dentro alla sovversione di chi è pronto ad andare oltre il politicamente corretto, immerso negli storici vizi da clichè del genere, pronti a essere messi giù nella maniera più fresca. E parlare di freschezza in un disco che invece ritorna allo stile originale del rap per alcuni può sembrare un controsenso, ma la continua decostruzione del genere ha fatto sì che un progetto così concepito suoni diverso da tutto il resto. Forse non è diverso nei contenuti ma lo è nei riferimenti, non è diverso nel formato ma lo è assolutamente nella forma: “Fastlife 4” è una piccola quota di mentalità underground nelle top 10.


Ergo, alla gente a cui non piace nulla di “Fastlife 4”, nessun particolare, nessuna citazione, nessuno spunto stilistico, probabilmente non piace neanche il rap. Il discorso è semplice: nelle fondamenta del disco c'è la mentalità di chi la pensa diversamente, di chi ha radici diverse dagli altri e di chi non si arrende all'unificante gusto del pop. C'è forse per la prima volta da diverso tempo anche la vera cultura dei mixtape: barre dritte senza ritornelli, strumentali piuttosto lineari, tanti ospiti, alcuni dei quali anche improbabili. 

In questo Guè ha voluto senza compromessi dare sfogo alla sua profonda passione per il genere: in opere più pop questa sua cultura rischia di andare in secondo piano; il riscoprirla in maniera integrale nasce dalla necessità basilare di mostrarsi come il migliore e chissà, magari anche di educare il pubblico: in tempi di Covid abbiamo visto mixtape spuntare come funghi. Guè ci tiene a ritornare a una forma di mixtape più verosimile e a dimostrare le sue intenzioni ai cultori del genere. Ormai le nuove generazioni non crescono più con il mito dei mixtape e ancora meno sono quelli che ripescano quel mondo dei primi 2000 che questo progetto omaggia: i nomi citati nell'intro non sono casuali, proprio perchè avvertono che difficilmente si godrà a pieno del lavoro se non si hanno determinate basi.


Ne viene fuori che questo continuo flusso di rime che Guè ci propone siano piene di citazioni raffinate da scoprire con il tempo, riferimenti che venduti in una vetrina di Dolce Vita competono nel donare grande classe al tutto. Certo non mancano picchi di spregiudicata ignoranza ma, oltre al fatto che sono ben contestualizzati nell'ambiente, sono sempre seguiti da momenti di spessore. Esempio lampante in una delle tante strofe di "Smith & Wesson Freestyle":

[...] lei mi fa una pedicure
Manicure, per finire una penicure
Ça va sans dire lo stile è Theron Charlize
Il gran visir, uppercut alla Prince Naseem

Troviamo due stili completamente differenti in soli quattro versi. Il Guercio non si scorda mai dell'amore per le donne, i soldi, le sostanze e, soprattutto in queste occasioni, le esaspera nella maniera più stilosa del mondo. Il rap è anche questo, ma soprattutto la vita veloce che vuole trasmettere è anche questo, che sia o no frutto di pura e fantastica narrazione. Fino a che punto sta a noi capirlo.


I rapper coinvolti, proprio come Guè, hanno spesso quest'imprinting, hanno colto al volo le sue intenzioni e per molti di loro è stato un vero e proprio ritorno al passato. Sottolineiamo che però per quanto tutti abbiano fatto il loro, la coppia Marra/Guè resta tra i punti più mostruosi del disco: botta e risposta di 8 barre a testa, rap, null'altro. Ovviamente Guè non chiama solo pesi massimi e veterani, includendo nel progetto, come nei vecchi episodi della saga, anche giovani più emergenti: Mv Killa e Vettosi ne sono l'esempio. Dal canto suo DJ Harsh inquadra spesso il suono classico dei primi tape di Lil Wayne, T. I., Gucci Mane a cui si aggiunge uno spunto ancora più retro con la splendida title track prodotta da North Of Loreto, Bassi Maestro per noi altri, che ci riporta alle vibes analogiche della West Coast dei '90. Il suono è quindi spesso strutturato diversamente dalle ultime tendenze.


Per come è concepito sembra proprio essere un progetto che si distacca anche dalla discografia di Guè degli ultimi anni: un lungo esercizio di stile che potrebbe ispirare altri nomi a seguire il suo esempio. Per mille motivi, il rap italiano a livello mainstream edulcorato da melodie sempre più orecchiabili, con pro e contro, aveva bisogno di un ritorno alla materia prima senza compromessi che molti in virtù dell'evoluzione hanno abbandonato. 

Cosa significa quindi che se non vi piace nulla di “Fastlife 4” dovreste cambiare genere? Se non condividete nulla dei periodi che vuole ricordare, se non avete il gusto di capire l'ironia e la finzione artistica, forse dovreste guardare altrove. Nulla di trascendentale: il rap, almeno per ora, non fa per voi. “Fastlife 4” se non è per pochi, sicuramente non è per tutti.
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