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2 Marzo 2020

Articolo di

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Redazione

New generation’s idols: I rapper devono essere definiti artisti

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2 Marzo 2020

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Redazione

New generation’s idols: I rapper devono essere definiti artisti

In un'epoca di rivoluzione tecnologica, in cui tutto è in rapida e continua evoluzione e vengono continuamente messi a disposizione del popolo nuovi strumenti, chi non rimane aggiornato rischia di restare indietro. Il progresso impatta su ogni ambito, dal lavoro all'istruzione, dalle istituzioni ai trasporti, e inevitabilmente anche sul mondo dell'arte e, per ciò che ci riguarda più da vicino, della musica. Proprio per quanto riguarda il mondo musicale, in Italia negli ultimi anni sembra essersi avviata una vera e propria rivoluzione, con l'avvento della trap e, soprattutto, delle piattaforme di streaming che ha dato voce a un'intera generazione, quella nata fra gli anni '90 e i primi 2000, eppure le cose non stanno filando liscie come qualcuno si aspettava. In un paese con una tradizione musicale molto forte, fatta di canoni espressivi ben definiti e attaccamento a determinati valori del passato, la musica urban non sta avendo vita facile nel suo percorso di affermazione come genere predominante nel bel paese: le polemiche su Achille Lauro e Junior Cally a Sanremo, il servizi di Mario Giordano e Maurizio Belpietro, le battaglie contro i mulini a vento di Striscia la Notizia e la caccia alle streghe di salviniana ispirazione stanno mettendo a dura prova la reputazione dei rapper, che vengono sempre più spesso additati come causa di tutti i mali e che ancora faticano a vedersi riconosciuto lo status di musicisti. La situazione è quasi paradossale, e mentre oltreoceano Eminem si esibisce a sorpresa sul palco degli oscar con tanto di standing ovation e Kendrick Lamar diventa il primo artista hip-hop a vincere il premio Pulitzer per la musica, in Italia una domanda sorge spontanea e divide l'opinione pubblica: nel 2020 i rapper possono essere definiti artisti?

Eminem

Per rispondere a questa domanda vanno analizzati diversi fattori, primo fra i quali quello legato ai testi e ai contenuti. Prima di cominciare, però, è necessario fare una premessa: pensare che il rap sia solo soldi, droghe, autocelebrazione e violenza significa non conoscere il genere, in quanto sono diversi gli artisti affermati che si allontanano da questa tipologia di contenuti per affrontare altre tematiche, due su tutti Izi e Ernia. Tuttavia, è evidente che gli argomenti elencati sopra siano parte integrante dell'immaginario hip-hop, e spesso ne monopolizzino i testi, ed è qui che sorge il primo elemento di discontinuità con le precedenti generazioni: se nel resto del mondo l'avvento del rock prima e del metal poi ha negli anni sdoganato l'approccio "sesso, droga e rock'n'roll", in Italia questo processo non è avvenuto in maniera altrettanto determinante, vuoi per scarsa conoscenza della lingua, con conseguente difficoltà di comprensione di quanto i cantanti delle band oltreoceano effettivamente dicessero nei loro pezzi, vuoi per una mancata contaminazione della musica nostrana, che nella sua chiave più pop e mainstream è ancora legata ai tre cardini più utilizzati e consunti della storia dell'arte, quel "sole-cuore-amore" tanto caro alla nostra tradizione musicale ma che, a dirla proprio tutta, ha un po' stufato. Il rap parla d'altro, parla di strada, delle difficoltà di crescere in un ambiente degradato, parla di rivalsa e di successo, analizza tematiche come le dipendenze, la depressione, la solitudine, e anche quando parla d'amore non si perde in sentimentalismi, ma ne analizza i tormenti e le sofferenze, e lo fa spesso in modo grezzo e con un linguaggio difficile, ed è per questo che spesso chi non è cresciuto ascoltando questo genere fatica a comprenderne il messaggio.

Pretendere che le vecchie generazioni capiscano e apprezzino il rap al primo ascolto sarebbe come ricordare coi propri amici un'esperienza vissuta insieme parlando in dialetto stretto, e aspettarsi che chiunque possa capire quello che viene detto e prendere parte alla conversazione. Il problema non è quindi la mancanza di comprensione, che è più che normale, quanto la volontà di non comprendere, la tendenza ad osteggiare chi fa un certo tipo di musica solamente perchè non la si capisce. Se invece che attaccare Sfera perchè parla di soldi e droga, o Junior Cally per l'utilizzo di concetti violenti nei testi, si andasse ad approfondire la loro storia e il loro percorso artistico, si capirebbe che si ha a che fare con artisti che fanno dell'esaltazione del successo e dell'utilizzo di immagini forti degli strumenti per veicolare dei messaggi che tutti possiamo condividere.

Sfera Ebbasta
Junior Cally

L'analisi della situazione per comprendere se i rapper nel 2020 possano essere considerati artisti passa poi attraverso un secondo punto cardine, ovvero quello legato all'aspetto musicale. Molto spesso, infatti, il rap viene considerato il genere per chi non ha talento: usi l'autotune, quindi non sai cantare, produci strumentali a computer, quindi non sai suonare. Premesso che anche in questo caso, come per quanto riguarda i contenuti, si tratta di una generalizzazione, in quanto sono diversi i rapper che suonano live accompagnati dalle band, Salmo e Ketama126 solo per fare qualche nome, ritengo che considerare musica solo quella fatta con gli strumenti tradizionali sia decisamente anacronistico. Non fraintendetemi, sono un amante del rock e del metal, ho idolatrato Slash, leggendario chitarrista del Guns 'n' Roses, per tutta la mia adolescenza, ma pretendere che nel 2020 la parte strumentale di una canzone possa essere composta solo con chitarra, basso, tastiera e batteria è un po' come pretendere che ancora oggi si comunichi solo tramite posta: hanno inventato le mail e i programmi di instant messaging, ed è stupido non usufruirne. Anche in questo caso, tutto passa attraverso la comprensione e la volontà di comprendere: non avendo idea di come si produca un beat, è normale che non se ne capisca la complessità e non si abbiano le chiavi di lettura per distinguerne uno ben fatto da uno di minor qualità, ma allo stesso tempo non aver mai suonato una chitarra non dà il diritto di considerare una persona che lo fa priva di talento. tha Supreme è senza dubbio l'artista che più di tutti incarna questo distacco fra generazioni: chi è cresciuto ascoltando rap ne riconosce la genialità, il potenziale enorme e la portata della sua arte, totalmente innovativa dal punto di vista delle produzioni e delle linee melodiche, mentre chi non lo comprende fatica ad apprezzarlo, proprio per mancanza delle giuste chiavi di lettura.



In conclusione, non esiste una risposta completamente esaustiva alla domanda che ci ha portato a questa riflessione: esistono rapper la cui dimensione artistica merita di essere riconosciuta e altri non all'altezza di essere definiti artisti. Questa distinzione, però, deve passare attraverso un'analisi del prodotto musicale, da effettuarsi necessariamente con le chiavi di lettura necessarie a comprenderlo, e non a priori in base al genere. Solo in questo modo l'Italia potrà evolversi dal punto di vista musicale e tenere il passo delle altre nazioni, imparando ad apprezzare le nuove correnti e le nuove tendenze, così che i rapper non siano più solo rapper, ma artisti veri e propri.
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