STYLE

29 Luglio 2024

Articolo di

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Camilla Bordoni

Miranda Priestly ci salverà dalla crisi dell’editoria?

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29 Luglio 2024

Articolo di

Camilla Bordoni
Miranda Priestly ci salverà crisi editoria

Miranda Priestly ci salverà dalla crisi dell’editoria?

È ormai passata qualche settimana da quando ha iniziato a ribalzare da un telefono all’altro la notizia bomba che “Il diavolo veste Prada” avrebbe avuto il suo attesissimo sequel, eppure i social non sembrano ancora essersi ripresi del tutto da questo “groundbreaking moment”. Forse per il fatto che dal primo capitolo sono passati quasi 20 anni, o magari per via della trama ancora volutamente fumosa ma abbastanza significativa per chi, oltre alle battute sul colore dell’anno (spoiler: non più ceruleo), aspetta più di vedere come sia lavorare nell’editoria di moda nel 2024.

Perché sì, dal 2006 l’universo dei magazine patinati è certamente cambiato e, a dirla tutta, non in meglio per certi aspetti. Di fatto, quello su cui la Disney starebbe lavorando è una pellicola “to be continued” dove la carta stampata ha perso l’onnipotenza, dove gli articoli di approfondimento hanno ceduto il posto a quelli veloci dell’online e dove la temutissima Miranda Priestly si trova a fare i conti con la crisi di un settore in cui le smorfie non sono più ammesse. Dove piuttosto si deve fare buon viso a cattivo gioco e dove bisogna andare in cerca di fondi extra per sopravvivere.

Quindi esatto, Il Diavolo che veste Prada alla fine ritornerà sui grandi schermi, ma per rimanere a galla dovrà corteggiare i fondi pubblicitari di un grande gruppo del lusso di cui, il karma vuole, la sua ex assistente Emily ne è il capo. Al di là della trama, le domande che vengono da porsi a questi punti sono principalmente due: Il sequel riuscirà ad offrire uno spaccato reale sul settore senza scivolare in una caricatura perbenista? E la diabolica Miranda si/ci salverà dal declino del publishing? (e se sì, come?)

Miranda Priestly è in smart working e guarda video su TikTok

Se questo secondo film sarà un successo tutto dipenderà dalla sua sceneggiatura e dai personaggi che verranno rappresentati. Tuttavia è chiaro che nessuno dovrebbe aspettarsi né le stesse modalità narrative, né tanto meno la stessa rappresentazione patinata del settore. L’editoria moderna non è la stessa di prima seppur abbia mantenuto immutate alcune sue dinamiche elitarie e dispotiche, ma arriviamoci per gradi. Partiamo per esempio proprio dalla temuta direttrice di Runway. Chi sarebbe oggi Miranda Priestly? Continuerebbe ad essere l’alter-ego di Anna Wintour, ma, invece che la rivista, avrebbe in mano un telefono per monitorare il trend/le news virali di turno e alle orecchie un paio di AirPods per ascoltare a 2x i vocali o ordinare a Siri il possibile (pov: i bei tempi del manoscritto inedito di Harry Potter sono ormai finiti da un pezzo).

@milvaover lo sai perché ti ho assunto? #dal Diavolo veste Prada #filmclips #🩱👚👜👠👠👠#✈️✈️✈️💖💖💖💖💖 ♬ suono originale – Milvaover

Sia chiaro, il mito glamour della moda è rimasto immutato o l’intero sistema sarebbe crollato schiacciato dalle sue stesse regole. Però è indubbio che molti aspetti di questo mondo “inaccessibile” universalmente accettati 20 anni fa, oggi non lo siano più (se non altro, non in apparenza). La scena dove Miranda dice: «mi sono detta, provaci, corri il rischio, assumi la ragazza sveglia e grassa» sarebbe impensabile nel 2024, perché lo scandalo pubblico sui social sarebbe dietro l’angolo con tanto di accusa di body shaming.

Ma allora i Diavoli come la Priestly esistono ancora? Certo che sì, l’autoritarismo dispotico continua a persistere in qualsiasi settore. Come ci sono sempre delle Andy e delle Emily disposte ad accettare qualunque compromesso pur di far parte di quel fashion sector workaholic. La differenza, se così possiamo chiamarla, è che oggi il sistema valoriale del lavoro ha priorità diverse che spingono ad avere un occhio di riguardo su topic come il burnout o il life-balance, che sono temi per cui la gogna online è sempre pronta ad animare. (Anche se, a dire il vero, chi opera nel settore continua a denunciare condizioni di lavoro tossiche, orari e ritmi folli, paghe irrisorie e politiche di inclusivity aleatorie).

@break.archive The devil does indeed wear Prada 🫶🏻 #parisfashionweek ♬ That Gworl – TheBossWives

In definitiva, Miranda per sopravvivere al Titanic dell’editoria dovrà scendere dal tacco 12 e abbracciare una comunicazione più “democratica”, andando incontro anche alle star virali su TikTok che non hanno tanto un “bisogno disperato di Chanel” quanto di un video da mille mila likes da postare in collaborazione.  

L’obiettivo di Miranda: monetizzare di nuovo l’editoria

Se adesso dovessimo immaginare Miranda Priestly ad una sfilata sarebbe facile vederla figurare in front row con i suoi occhiali scuri per nascondere qualsiasi palese espressione e scoraggiare i vicini di seat (influencer) a rivolgerle la parola. Infondo se c’è una cosa che è cambiata nel settore dell’editoria di moda è il pubblico che la abita. Dai lavoratori all’audience, la Miranda 2.0 dovrà infatti accettare di intervistare quelle personalità diventate cool con i loro quotidiani fit check, unboxing e get ready with me. Dovrà ottimizzare il tempo puntando su articoli per l’online, scritti in ottica SEO ovviamente, che cavalchino l’onda della viralità e che nascondano qualche marchetta qua e là. Dovrà pensare bene alle campagne di moda e alle copertine da scattare per non incorrere in nessun “fraintendimento” sociale, cognitivo o politico.

Ma soprattutto Miranda dovrà fare i conti con il calo delle entrate pubblicitarie sulla carta stampata, con il licenziamento dei dipendenti e con un panorama mediatico generale che non le concede più un perentorio giudizio scritto, poiché la pena sarebbe quella di perdere clienti paganti, i buoni rapporti con gli interessati e avere sulla testa una spada di Damocle pronta a cadere dove fa più male. Ovvero sulla propria immagine pubblica.

Quando un articolo sulle ciabatte da hotel ha più view di un’intervista, è corretto affermare che tempi duri (e con tanti straordinari) aspettano il Diavolo griffato Prada. Perciò alla fine riuscirà a salvarci tutti dalla crisi dell’editoria? Riuscirà a trovare un modo per far coesistere qualità ed entertainment? Riuscirà a farci ancora vedere in metro persone con un magazine sotto braccio invece che uno smartphone in mano? Questa volta nessuna Andrea Sachs sarà al suo fianco, ma forse la vedremo fare una richiesta d’aiuto a Chat Gpt … o, in alternativa, lanciare il telefono nella fontana di Place de la Concorde.

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