La nascita del Pop con la minigonna
STYLE
14 Aprile 2023
Articolo di
RedazioneLa nascita del Pop con la minigonna
Mary Quant si è spenta ieri all’età di 93 anni, ma per la moda rimarrà sempre viva: a lei dobbiamo, infatti, la nascita della minigonna e una buona parte di emancipazione femminile in tema lifestyle.
La storia della minigonna non si sovrappone solamente al desiderio di libertà ed emancipazione, ma nasce in un fervente clima di cambiamento, bisognoso di sempre più diritti e tutele, ma anche di praticità ed economicità. E attraverso questo piccolo pezzo di tessuto, dunque, c’è il riflesso di una metà del 1900 e delle sue battaglie sociali.
La nostra storia inizia nel 1963 quando, per la prima volta, in un piccolo ma noto negozio londinese, “Bazaar”, di proprietà di Mary Quant, la minigonna fece la sua apparizione in vetrina. Come molte storie di quel tempo, la ribellione e la sovversione instilla il proprio seme in una famiglia dalla cultura rigida, considerato che nacque nel 1930.
Nel 1946, dopo la Seconda guerra mondiale, in un clima di rinnovata fiducia e gioia nei confronti del futuro, Mary Quant apre la sua prima boutique, Bazaar appunto, dove vendeva abiti che saranno i precursori della nostra idea di “Pop”: colorati, giovanili, caotici, ma soprattutto liberi. Capi che potevano valorizzare la persona che li indossava, farla sentire giusta, apprezzata, e persino sexy.
L’idea della minigonna nasce dopo aver visto una Mini Cooper, ma è sempre la necessità che aiuta la creatività: e infatti, probabilmente, non sarebbe nata se un giorno non avesse dovuto correre per prendere l’autobus, e una gonna sotto al ginocchio l’avesse disturbata nel suo intento. Cosa avevano in comune un’utilitaria e un pezzo di stoffa? A detta di Mary Quant entrambe erano “ottimistiche, esuberanti, giovanili, civettuole”.
Gli anni ’60 sono stati segnati da tre grandi rivoluzionari: Yves Saint Laurent, André Courrèges e Mary Quant, e proprio tra questi ultimi due nacque la querelle su chi avesse avuto il merito di accorciare gli orli fino ad arrivare alla minigonna.
Courrèges aveva iniziato a sperimentare con gli orli nei primi anni ’60 sui suoi piccoli vestiti geometrici, ma gli abiti space-age arrivarono solo alla fine del 1964, ed è questo il motivo per cui nacque il dibattito, che si risolse ammettendo che entrambi trassero ispirazione dal libertinaggio che si osservava in strada.
La minigonna nacque, dunque, dopo una sforbiciata di due pollici sopra il ginocchio, circa 5 centimetri, che poi raddoppiarono quando decise di distruggere il formalismo rigido e opprimente degli anni ’50.
Non siamo stati io o Courrèges a inventare comunque la minigonna, sono state le ragazze della strada a farlo.
Mary Quant
A poco a poco, questa tendenza controculturale e di messa in discussione degli standard tradizionali fu abbracciata da Twiggy e Gloria Steinem durante gli “swinging sixties”, quando minigonne e stivali go-go erano l’abbinamento più desiderato, ma fu l’esuberante Jackie Kennedy in un abito Valentino plissettato di bianco a sancire la gonna come possibile, per tutti.
Con esse anche i designer iniziarono a sposare il trend della minigonna, come quando nel 1965 Yves Saint Laurent debuttò con i suoi abiti “Mondrian” cortissimi, seguito nel 1966 da Paco Rabanne che lanciò la minigonna chain-mail e il minidress throw-away.
La seconda nascita della minigonna avviene a cavallo tra gli anni ’90 e 2000, è il 1984 quando Madonna accende il pubblico agli MTV Video Music Awards con un miniabito in tulle bianco simile ad un abito da sposa sfacciato, e negli anni ’90 quando Julia Roberts in “Pretty Woman” indosserà una minigonna azzurra con stivali in vinile al ginocchio.
Negli anni 2000 grazie a star del calibro di Paris Hilton, Christina Aguilera e Britney Spears, che hanno rappresentato dei pilastri della moda Y2K caratterizzata da micro-trend, come piccole It bag, piccoli top e tacchi, la minigonna è sulle gambe di tutti.
Ma a Mary Quant dobbiamo anche lo sdoganamento di miniabiti in jersey, maglioncini aderenti, antipioggia in pvc e collant super colorati. Il suo scopo, sin da principio, è stato quello di offrire un modo di vivere la moda diverso, e che permettesse a chi avesse scelto i suoi abiti di distinguersi dalle proprie madri, e dai diktat dei couturier dell’epoca.
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