lowlow ci racconta il suo nuovo album
SOUND
24 Maggio 2020
Articolo di
Redazionelowlow ci racconta il suo nuovo album
Lo scorso 20 Marzo è uscito Dogma 93, terzo album di lowlow pubblicato da Sony Music Italy. Il disco è un progetto introspettivo, frutto di un’analisi interiore dell’artista, che ha deciso di prendersi una pausa di due anni per lavorare al suo grande ritorno.
Abbiamo contattato lowlow per scambiare quattro chiacchiere con lui e per farci raccontare alcune curiosità relative al suo percorso e a Dogma 93.
Partiamo parlando un po di te, sei stato fermo per un po’ prima di questa uscita: cos’ha il lowlow di oggi che non aveva il lowlow di due anni fa?
È stato un periodo di grande ricerca e analisi. Penso che questo disco faccia tesoro delle esperienze degli album passati, ma che il suo vero punto di forza risieda nella maturità e nella capacità di riascoltarmi: avendo una scrittura molto istintiva, non ero mai riuscito a uscire dal mio personaggio e a farmi delle domande su quello che stavo producendo. Mettendo in atto questo “dentro e fuori”, un meccanismo anche doloroso se vogliamo, sono riuscito a porre maggiore attenzione alla recepibilità dei concetti da parte del pubblico, riuscendo a far arrivare determinati aspetti della mia personalità, che fino ad ora erano stati mascherati da tanta sicurezza.
Un lavoro di crescita personale che si rispecchia anche nel titolo dell’album, che va a riprendere il nome della corrente cinematografica Dogma 95. Ti va di spiegarci questo riferimento?
Sono sempre stato un grande appassionato di cinema, è la mia prima fonte di ispirazione e mi influenza moltissimo, poichè la mia è una scrittura a immagini, una scrittura topografica. Sono un grande fan dell’estetica di Refn e delle pellicole di Yorghos Lanthimos, ma ho deciso di riprendere Dogma 95, il movimento fondato da Lars von Trier e Thomas Vinterberg, perchè loro hanno sentito la necessità di creare un manifesto, necessità che ho condiviso, non tanto per mettere dei limiti, quanto più per marcare la mia posizione, l’unicità di quello che faccio, l’importanza che do alla scrittura, alla cultura e alla tecnica espressiva.
L’opening-track del tuo album, Bobby, è dedicata al campione mondiale di scacchi Bobby Fischer. Cosa ti ha incuriosito e ispirato di questa figura?
Sono sempre stato un grande appassionato di personalità, e infatti un altro tema molto importante del disco è quello di elevare in maniera positiva l’individuo e le sue potenzialità. Ho conosciuto il personaggio di Bobby Fischer leggendo delle sue dichiarazioni, e mi sono interessato alla sua storia: per tutta la sua vita si è rifiutato di avere rapporti umani, ma è morto dicendo: “non c’è niente di più ‘healing’ del calore umano”. Queste contraddizioni e la sua personalità mi hanno colpito, mi ci sono rivisto e ho deciso di raccontarle. Penso che quando uno decida di mettersi in gioco al 100%, ad un certo livello e in un mondo difficile, che siano gli scacchi, la musica o lo sport, ci sia come un filo rosso che lega tutti i protagonisti, per cui è stato molto semplice per me immedesimarmi e scrivere questo pezzo.
Concludiamo con una domanda di rito per la nostra pagina: come saprai SOLDOUTSERVICE combina il mondo della musica a quello dello streetwear. Qual è il tuo rapporto con questa realtà? C’è qualche capo a cui sei particolarmente affezionato?
La moda è una mia altra grande passione: penso non ci sia niente di superficiale nel dare valore all’estetica, è un modo per esprimere se stessi. Lo streetwear mi piace molto in tante sfaccettature: mi interessano molto le avanguardie, infatti il mio stilista preferito è Rick Owens e le ultime sneakers che ho comprato sono frutto della sua collaborazione col brand vegano Veja. Apprezzo molto anche Raf Simons e l’area nipponica di Number (N)ine e UNDERCOVER, di cui ho anche la mascherina.
Ringraziamo lowlow per averci concesso questa interessantissima intervista e vi invitiamo ad ascoltare Dogma 93, il suo ultimo album, disponibile su tutte le piattaforme di streaming.
Abbiamo contattato lowlow per scambiare quattro chiacchiere con lui e per farci raccontare alcune curiosità relative al suo percorso e a Dogma 93.
Partiamo parlando un po di te, sei stato fermo per un po’ prima di questa uscita: cos’ha il lowlow di oggi che non aveva il lowlow di due anni fa?
È stato un periodo di grande ricerca e analisi. Penso che questo disco faccia tesoro delle esperienze degli album passati, ma che il suo vero punto di forza risieda nella maturità e nella capacità di riascoltarmi: avendo una scrittura molto istintiva, non ero mai riuscito a uscire dal mio personaggio e a farmi delle domande su quello che stavo producendo. Mettendo in atto questo “dentro e fuori”, un meccanismo anche doloroso se vogliamo, sono riuscito a porre maggiore attenzione alla recepibilità dei concetti da parte del pubblico, riuscendo a far arrivare determinati aspetti della mia personalità, che fino ad ora erano stati mascherati da tanta sicurezza.
Un lavoro di crescita personale che si rispecchia anche nel titolo dell’album, che va a riprendere il nome della corrente cinematografica Dogma 95. Ti va di spiegarci questo riferimento?
Sono sempre stato un grande appassionato di cinema, è la mia prima fonte di ispirazione e mi influenza moltissimo, poichè la mia è una scrittura a immagini, una scrittura topografica. Sono un grande fan dell’estetica di Refn e delle pellicole di Yorghos Lanthimos, ma ho deciso di riprendere Dogma 95, il movimento fondato da Lars von Trier e Thomas Vinterberg, perchè loro hanno sentito la necessità di creare un manifesto, necessità che ho condiviso, non tanto per mettere dei limiti, quanto più per marcare la mia posizione, l’unicità di quello che faccio, l’importanza che do alla scrittura, alla cultura e alla tecnica espressiva.
L’opening-track del tuo album, Bobby, è dedicata al campione mondiale di scacchi Bobby Fischer. Cosa ti ha incuriosito e ispirato di questa figura?
Sono sempre stato un grande appassionato di personalità, e infatti un altro tema molto importante del disco è quello di elevare in maniera positiva l’individuo e le sue potenzialità. Ho conosciuto il personaggio di Bobby Fischer leggendo delle sue dichiarazioni, e mi sono interessato alla sua storia: per tutta la sua vita si è rifiutato di avere rapporti umani, ma è morto dicendo: “non c’è niente di più ‘healing’ del calore umano”. Queste contraddizioni e la sua personalità mi hanno colpito, mi ci sono rivisto e ho deciso di raccontarle. Penso che quando uno decida di mettersi in gioco al 100%, ad un certo livello e in un mondo difficile, che siano gli scacchi, la musica o lo sport, ci sia come un filo rosso che lega tutti i protagonisti, per cui è stato molto semplice per me immedesimarmi e scrivere questo pezzo.
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