La travagliata storia del Bucket Hat
STYLE
2 Gennaio 2020
Articolo di
RedazioneLa travagliata storia del Bucket Hat
E’ ormai ben noto che molto spesso, anche il culto del “brutto” vuole la sua parte all’interno dell’ecosistema moda, dimodoché possa poi andare a concretizzarsi attraverso l’espressione della possibilità esclusiva, da parte del soggetto in questione, di esprimere la propria selettiva possibilità di sfoggiare capi che nessuno immaginerebbe mai di indossare, risultando in ogni caso gradevole all’occhio ed inspiegabilmente alla moda.
Da questa tendenza nasce il fenomeno delle famose Crocs Slides, dei Birkenstock Sandals, delle Chunky Sneakers e dei recentemente riemersi “Bucket Hats”.
A tal proposito, è necessario inserire la particolare tipologia di copricapo all’interno di un contesto storico definito, coincidente, per quanto riguarda le primordiali forme di “cappello a secchiello”, con i primi anni del 20esimo secolo, quando i contadini ed i pescatori Irlandesi trovarono nella sperimentale forma di capo d’abbigliamento un’adeguatissima protezione dalle intemperie, per via della proprietà naturalmente impermeabile propria della “raw wool” con cui venivano tessuti i cappelli.
Soltanto con l’arrivo dei “sixties” il Bucket Hat cominciò ad assumere le sembianze di un vero e proprio fashion item, perfettamente adeguato al vibe casalingo ed essenziale diffuso in quegli anni presso la grande cultura stilistica di massa che andava a diffondersi con l’avanzamento dei paralleli fenomeni culturali esplosi verso la fine della decade in questione.
Onnipresente ma mai veramente iconico, il copricapo conobbe il suo miglior periodo di gloria grazie all’ampia visibilità fornitagli dalle comparse presso i music videos e le album covers di moltissimi artisti Rap di fine anni 80, tra cui ricordiamo il celeberrimo Kangol rosso indossato da LL cool J per la copertina di “Bigger and Deffer”.
Caduto nel definitivo orlo del baratro per più di qualche tempo, il Bucket Hat viene poi riscoperto grazie a Miuccia Prada nei primi 2000, dal cui spreading prenderà poi vita il lento e graduale riaffiorare del trend, tornato davvero sulla cresta dell’onda soltanto negli ultimi mesi, ed ampiamente evocato in quella che andrà, con grande probabilità, a rivelarsi come una delle collezioni più segnanti dell’intera decade, ossia la Dior x Shawn Stussy Pre-Fall 2020 collection.
Da questa tendenza nasce il fenomeno delle famose Crocs Slides, dei Birkenstock Sandals, delle Chunky Sneakers e dei recentemente riemersi “Bucket Hats”.
A tal proposito, è necessario inserire la particolare tipologia di copricapo all’interno di un contesto storico definito, coincidente, per quanto riguarda le primordiali forme di “cappello a secchiello”, con i primi anni del 20esimo secolo, quando i contadini ed i pescatori Irlandesi trovarono nella sperimentale forma di capo d’abbigliamento un’adeguatissima protezione dalle intemperie, per via della proprietà naturalmente impermeabile propria della “raw wool” con cui venivano tessuti i cappelli.
Soltanto con l’arrivo dei “sixties” il Bucket Hat cominciò ad assumere le sembianze di un vero e proprio fashion item, perfettamente adeguato al vibe casalingo ed essenziale diffuso in quegli anni presso la grande cultura stilistica di massa che andava a diffondersi con l’avanzamento dei paralleli fenomeni culturali esplosi verso la fine della decade in questione.
Onnipresente ma mai veramente iconico, il copricapo conobbe il suo miglior periodo di gloria grazie all’ampia visibilità fornitagli dalle comparse presso i music videos e le album covers di moltissimi artisti Rap di fine anni 80, tra cui ricordiamo il celeberrimo Kangol rosso indossato da LL cool J per la copertina di “Bigger and Deffer”.
Caduto nel definitivo orlo del baratro per più di qualche tempo, il Bucket Hat viene poi riscoperto grazie a Miuccia Prada nei primi 2000, dal cui spreading prenderà poi vita il lento e graduale riaffiorare del trend, tornato davvero sulla cresta dell’onda soltanto negli ultimi mesi, ed ampiamente evocato in quella che andrà, con grande probabilità, a rivelarsi come una delle collezioni più segnanti dell’intera decade, ossia la Dior x Shawn Stussy Pre-Fall 2020 collection.
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