La moda prova a prenderci per la gola
STYLE
6 Febbraio 2024
Articolo di
RedazioneLa moda prova a prenderci per la gola
Moda e cibo, nonostante a primo acchito possano sembrare due universi molto distanti tra loro, dal momento del loro incontro si trasformano in un’unica identità, co-brandizzata ovviamente, che può assolvere a diverse necessità.
Nonostante, negli anni, questa unione sia stata particolarmente considerata, solo negli ultimi tempi ha riacquistato l’attenzione della maggior parte delle persone.
Gucci per esempio, con Sabato De Sarno, si sta consolidando come una realtà capace di innovare ed interessare un pubblico sempre più vasto, e affine a sempre più interessi. Arte culinaria e design moderno si sono incontrati nella cena organizzata dalla maison con lo chef stellato Enrico Bartolini e Ca’ del Bosco nella cornice del MUDEC, all’interno della speciale sala del museo chiamata La Nuvola.
Così, anche l’esperienza inizia ad avere il proprio peso: non solo nel nuovo negozio Gucci, ma anche a cena si può godere di un’experience immersiva in grado di coinvolgere i cinque sensi e anche più. Una considerazione da fare, in virtù di ciò, è che il cibo, in senso generale, grazie all’enorme luce della ribalta offerta dai principali social network, in cui sempre più spesso capita di imbattersi in hashtag #aesthetic, o anche raccolte di photo dump, resta il protagonista.
Il fascino delle materie prime o dei prodotti lavorati, infatti, è in grado di essere valorizzato sia in una cornice di forte senso estetico, sia nei dump più svogliati. Dunque, apporre il proprio logo su un dolcetto o su un tovagliolo in stoffa, non basta più.
Scavando nei meandri del web, ci si potrebbe imbattere in vere e proprie agenzie culinarie che lavorano appositamente alla trasmissione della brand identity tramite la costituzione di dolci e preparazioni ad hoc. Nelle foto diffuse sui social, da Balbosté ad esempio, o da We Are ONA, solo dalla mise-en-place e dal cibo presentato, agli occhi più attenti riesce quasi con semplicità individuare il brand che ha commissionato l’evento.
Nell’esperienza culinaria, dunque, vengono sublimati i codici estetici di una maison, e la mission del marchio, in una sovrapposizione identitaria che amplifica la portata del messaggio finale, che si consuma tra le fauci di chi ha la fortuna di partecipare a questi banchetti.
Nella tradizione della moda, così come di altri settori, esistono importanti strategie di pianificazione e differenziazione: se per lungo tempo il settore beauty e quello degli accessori ha rappresentato un entry level per portafogli non troppo gonfi, ovvero una possibilità di approcciarsi ad una maison senza spendere centinaia di migliaia di euro, anche il cibo riesce ad assolvere a questo compito, creando coinvolgimento, aggregazione e identificazione con quelli che sono i capisaldi di un marchio.
Affini a tutto ciò, sono moltissimi i pasticceri e i cuochi che sempre più spesso orbitano attorno l’ecosistema fashion, basti pensare a Cedric Grolet, Maxime Frédéric per Louis Vuitton, o Imogen Kwok, che di recente ha lavorato accanto a Loewe per la collezione Anthurium, e con Miu Miu.
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