I 3 brand Haute Couture più influenti del 2019
STYLE
20 Dicembre 2019
Articolo di
RedazioneI 3 brand Haute Couture più influenti del 2019
Come ben sappiamo, il 2019 è ormai agli sgoccioli e, come ogni anno, è finalmente giunto il tanto atteso momento di tirare le somme in merito all’andamento del fashion system nel corso di questa stagione più che rivoluzionaria, sotto numerosi punti di vista.
Moltissimi marchi hanno saputo estrarre dal cilindro delle innovazioni che hanno contribuito enormemente allo sviluppo della grande macchina “moda”, riuscendo a costruire solidi ponti tra le esigenze tradizionalistiche dei vecchi stampi artistici ai paralleli mutamenti del settore, che ogni giorno richiedono idee e complessi creativi all’avanguardia.
Tra le aziende che hanno saputo contraddistinguersi maggiormente nel corso dell’annata quasi giunta al suo termine, il team di SOLDOUTSERVICE ha individuato le 3 principali Haute Couture maison che hanno dimostrato il più alto grado di versatilità ed adattamento ai moderni canoni stilistici in rapidissima evoluzione.
Phoebe Philo è stato indubbiamente la pista d’apertura più adatta per la rinascita creativa di Hedi Slimane, che nel 2018 rientra prepotentemente ad appropriarsi del suo posto d’onore nell’olimpo dell’haute couture attraverso l’ingaggio presso la direzione creativa del marchio francese Cèline. Il brand, dopo un primordiale senso di disorientamento probabilmente causato dal cambio di direttivo, è riuscito a dimostrare al pubblico il suo enorme potenziale proprio nel corso del 2019. Andando ad incarnare l’essenza più sublime dell’impronta stilistica anni ’70 che ha sempre contraddistinto i più noti marchi parigini, Slimane ha riportato in vita quegli elementi di cui ha sempre saputo valorizzare il potenziale, tra cui cropped-fit Leather jackets, Blazers eccentrici ed infiancati, skinny jeans dalla vestibilità impeccabile e Wyatt boots di prima fattura. A Cèline il merito di aver sprigionato l’anima più Rock del fashion system in questo fantastico 2019.
Una ripresa così vertiginosa in termini di vendite e copertura mediatica non può che essere il più soddisfacente risultato che Kim Jones potrà portare con se in seguito ad un'esplosiva e redditizia stagione. Il designer britannico, nonché vincitore del premio “Designer of the Year (Menswear)” assegnato in occasione dei British Fashion Awards, ha innegabilmente trainato il marchio francese alla conquista della scena mondiale. Attraverso le collaborazioni siglate con alcuni tra i più affermati esponenti dell’universo streetwear (tra cui Kaws, Jordan e Stussy), a cui vanno ad aggiungersi i numerosi richiami di Jones a elementi stilistici Dior ormai sull’orlo del baratro, la stagione della maison si può riassumere semplicemente nel raggiungimento del perfetto punto di equilibrio tra i due mondi paralleli che, nonostante vadano ad evidenziare troppo spesso una rotta di collisione sempre più vicina, sono stati domati elegantemente da una direzione creativa più che esemplare.
Il marchio che ha sempre dimostrato di sapersi portare un passo avanti rispetto a tutto il resto della concorrenza si riconosce proprio nel colosso francese da sempre associato ai suoi eccellenti standard qualitativi in termini di pelletteria e valigeria. Più che alla globalità del marchio in se, l’incoronazione definitiva va assegnata alla straordinaria guida di Virgil Abloh, meritevole di aver coniugato in maniera impeccabile il rispetto della storia secolare di LV al fervore artistico proprio dell’artista americano. La valorizzazione del Monogram nella sua primordiale essenza e le sperimentazioni di concetti stilistici inediti ed ultra moderni (vedi LV 2054) hanno costruito il solido impianto Street che da più di qualche mese caratterizza la linea uomo targata Louis Vuitton, apportando quel tanto atteso cambio di rotta che da anni necessitava di essere operato.
Menzione d’onore:
Proclamato marchio dell’anno secondo la giuria dei “British Fashion Awards”, il brand diretto dal giovanissimo Daniel Lee ha concretizzato uno dei più evidenti cambiamenti d’impronta assieme a quello effettuato dal collega Riccardo Tisci in Burberry. Se, fino a pochi mesi fa, Bottega veneta riusciva a rappresentare soltanto un’ennesima ed anonima alternativa “basic” caratterizzata da importanti ed impegnativi prezzi d’acquisto al netto di una qualità innegabilmente eccellente, Lee ha voluto trasformare il complesso in un vero e proprio marchio avanguardistico, rianimando il classico pattern “intrecciato” ed applicandolo, assieme a vestibilità oversized alternate a tonalità neutre ed incredibilmente intriganti, alla gran parte dei pezzi disegnati e prodotti nel corso del 2019.
Moltissimi marchi hanno saputo estrarre dal cilindro delle innovazioni che hanno contribuito enormemente allo sviluppo della grande macchina “moda”, riuscendo a costruire solidi ponti tra le esigenze tradizionalistiche dei vecchi stampi artistici ai paralleli mutamenti del settore, che ogni giorno richiedono idee e complessi creativi all’avanguardia.
Tra le aziende che hanno saputo contraddistinguersi maggiormente nel corso dell’annata quasi giunta al suo termine, il team di SOLDOUTSERVICE ha individuato le 3 principali Haute Couture maison che hanno dimostrato il più alto grado di versatilità ed adattamento ai moderni canoni stilistici in rapidissima evoluzione.
3. Cèline
Phoebe Philo è stato indubbiamente la pista d’apertura più adatta per la rinascita creativa di Hedi Slimane, che nel 2018 rientra prepotentemente ad appropriarsi del suo posto d’onore nell’olimpo dell’haute couture attraverso l’ingaggio presso la direzione creativa del marchio francese Cèline. Il brand, dopo un primordiale senso di disorientamento probabilmente causato dal cambio di direttivo, è riuscito a dimostrare al pubblico il suo enorme potenziale proprio nel corso del 2019. Andando ad incarnare l’essenza più sublime dell’impronta stilistica anni ’70 che ha sempre contraddistinto i più noti marchi parigini, Slimane ha riportato in vita quegli elementi di cui ha sempre saputo valorizzare il potenziale, tra cui cropped-fit Leather jackets, Blazers eccentrici ed infiancati, skinny jeans dalla vestibilità impeccabile e Wyatt boots di prima fattura. A Cèline il merito di aver sprigionato l’anima più Rock del fashion system in questo fantastico 2019.
2. Dior
Una ripresa così vertiginosa in termini di vendite e copertura mediatica non può che essere il più soddisfacente risultato che Kim Jones potrà portare con se in seguito ad un'esplosiva e redditizia stagione. Il designer britannico, nonché vincitore del premio “Designer of the Year (Menswear)” assegnato in occasione dei British Fashion Awards, ha innegabilmente trainato il marchio francese alla conquista della scena mondiale. Attraverso le collaborazioni siglate con alcuni tra i più affermati esponenti dell’universo streetwear (tra cui Kaws, Jordan e Stussy), a cui vanno ad aggiungersi i numerosi richiami di Jones a elementi stilistici Dior ormai sull’orlo del baratro, la stagione della maison si può riassumere semplicemente nel raggiungimento del perfetto punto di equilibrio tra i due mondi paralleli che, nonostante vadano ad evidenziare troppo spesso una rotta di collisione sempre più vicina, sono stati domati elegantemente da una direzione creativa più che esemplare.
1. Louis Vuitton
Il marchio che ha sempre dimostrato di sapersi portare un passo avanti rispetto a tutto il resto della concorrenza si riconosce proprio nel colosso francese da sempre associato ai suoi eccellenti standard qualitativi in termini di pelletteria e valigeria. Più che alla globalità del marchio in se, l’incoronazione definitiva va assegnata alla straordinaria guida di Virgil Abloh, meritevole di aver coniugato in maniera impeccabile il rispetto della storia secolare di LV al fervore artistico proprio dell’artista americano. La valorizzazione del Monogram nella sua primordiale essenza e le sperimentazioni di concetti stilistici inediti ed ultra moderni (vedi LV 2054) hanno costruito il solido impianto Street che da più di qualche mese caratterizza la linea uomo targata Louis Vuitton, apportando quel tanto atteso cambio di rotta che da anni necessitava di essere operato.
Menzione d’onore:
Bottega Veneta
Proclamato marchio dell’anno secondo la giuria dei “British Fashion Awards”, il brand diretto dal giovanissimo Daniel Lee ha concretizzato uno dei più evidenti cambiamenti d’impronta assieme a quello effettuato dal collega Riccardo Tisci in Burberry. Se, fino a pochi mesi fa, Bottega veneta riusciva a rappresentare soltanto un’ennesima ed anonima alternativa “basic” caratterizzata da importanti ed impegnativi prezzi d’acquisto al netto di una qualità innegabilmente eccellente, Lee ha voluto trasformare il complesso in un vero e proprio marchio avanguardistico, rianimando il classico pattern “intrecciato” ed applicandolo, assieme a vestibilità oversized alternate a tonalità neutre ed incredibilmente intriganti, alla gran parte dei pezzi disegnati e prodotti nel corso del 2019.
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