Gucci FW2020: La moda come veicolo di ribellione e di autodeterminazione
STYLE
14 Gennaio 2020
Articolo di
RedazioneGucci FW2020: La moda come veicolo di ribellione e di autodeterminazione
“Questa sfilata è un inno al sesso maschile, capace di tante cose, anche di revisionare quello che gli è stato insegnato. Anche di tornare indietro e di re-imparare un modo diverso di essere maschi”: queste le parole con cui il direttore creativo Alessandro Michele descrive la sensazionale esperienza con cui è riuscito a valicare la concorrenza nel pieno di questa sempre più sorprendente Milano Fashion Week 2020.
Come avvenuto per la presentazione della precedente collezione womanswear, il tema della denuncia sociale si rende protagonista indiscusso anche del da poco conclusosi Milano FW2020 Runway Show, che tocca in maniera intrigante ed incredibilmente coinvolgente il tema del graduale ritorno alla stereotipizzazione del genere maschile.
Forse risiede proprio in questo concetto di regressione l’idea alla base dell’apposizione del pendolo centrale, che sembra voler scandire secondo per secondo la pesantezza di un tempo che, sempre più veloce e spietato, si dimostra tiranno nell’aiutarci a determinare la nostra personalità, costringendoci a rimandare ad un “domani” che sarà tristemente già troppo avanzato.
Allo stesso modo, la dimensione temporale viene evidenziata attraverso un inoppugnabile salto temporale al secondo dopoguerra, con particolare riferimento al boom economico degli anni ’60 che, al netto di un’evidente crescita demografica della piccola-media borghesia, deve fare i conti con l’evoluzione di una coscienza comune ormai stremata dai bigotti schemi tradizionali imposti per secoli.
Il pantalone svasato a vita alta, rigorosamente e formalmente imposto, come da buon costume, dal padre di famiglia, viene molto spesso sfregiato da pezzi superiori dalle taglie smisuratamente sproporzionate, rivelando così il necessario embrione di ribellione tipico del giovane di fine XX sec., mentre in sottofondo “The Death of Pasolini” incarna con estrema inquietudine l’aura di repressione nei confronti della quale soltanto al giorno d’oggi ci è offerta la possibilità di evadere.
Ai look così inspiegabilmente armoniosi nella loro scompostezza si alternano richiami Hippie uniti a reinterpretazioni impeccabili della femminilità dell’uomo, riuscendo a rendere il complesso un esemplare inno alla mascolinità nel suo senso più variopinto.
A coronare un sipario già concettualmente mozzafiato ci pensa il comparto fonico, che sulle note del successo n*1 Marilyn Manson suggerisce velatamente l’importanza di fuggire, di rompere gli schemi e di affermarsi come singolo individuo piuttosto che come parte integrante di un agglomerato ogni giorno più spaventosamente omogeneo: “Some of them want to abuse You”.
Come avvenuto per la presentazione della precedente collezione womanswear, il tema della denuncia sociale si rende protagonista indiscusso anche del da poco conclusosi Milano FW2020 Runway Show, che tocca in maniera intrigante ed incredibilmente coinvolgente il tema del graduale ritorno alla stereotipizzazione del genere maschile.
Forse risiede proprio in questo concetto di regressione l’idea alla base dell’apposizione del pendolo centrale, che sembra voler scandire secondo per secondo la pesantezza di un tempo che, sempre più veloce e spietato, si dimostra tiranno nell’aiutarci a determinare la nostra personalità, costringendoci a rimandare ad un “domani” che sarà tristemente già troppo avanzato.
Allo stesso modo, la dimensione temporale viene evidenziata attraverso un inoppugnabile salto temporale al secondo dopoguerra, con particolare riferimento al boom economico degli anni ’60 che, al netto di un’evidente crescita demografica della piccola-media borghesia, deve fare i conti con l’evoluzione di una coscienza comune ormai stremata dai bigotti schemi tradizionali imposti per secoli.
Il pantalone svasato a vita alta, rigorosamente e formalmente imposto, come da buon costume, dal padre di famiglia, viene molto spesso sfregiato da pezzi superiori dalle taglie smisuratamente sproporzionate, rivelando così il necessario embrione di ribellione tipico del giovane di fine XX sec., mentre in sottofondo “The Death of Pasolini” incarna con estrema inquietudine l’aura di repressione nei confronti della quale soltanto al giorno d’oggi ci è offerta la possibilità di evadere.
Ai look così inspiegabilmente armoniosi nella loro scompostezza si alternano richiami Hippie uniti a reinterpretazioni impeccabili della femminilità dell’uomo, riuscendo a rendere il complesso un esemplare inno alla mascolinità nel suo senso più variopinto.
A coronare un sipario già concettualmente mozzafiato ci pensa il comparto fonico, che sulle note del successo n*1 Marilyn Manson suggerisce velatamente l’importanza di fuggire, di rompere gli schemi e di affermarsi come singolo individuo piuttosto che come parte integrante di un agglomerato ogni giorno più spaventosamente omogeneo: “Some of them want to abuse You”.
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