Cosa succede ai vestiti dopo le sfilate?
STYLE
30 Settembre 2023
Articolo di
RedazioneCosa succede ai vestiti dopo le sfilate?
New York, Londra, Milano, Parigi, e ancora tante piccole grandi capitali della moda si susseguono sullo sfondo di settembre, uno dei mesi più infuocati per ciò che concerne la moda e tutto ciò che la circonda. Dietro a questa patina glitterata fatta di debutti, show, inviti, stravaganze, passerelle di vario genere, e tutto ciò che orbita attorno al fashion system, c’è una domanda che anima i più curiosi: che succede ai capi visti in passerella? Quale sarà il loro destino dopo le sfilate?
Non appena termina lo spettacolo, gli abiti andati in scena iniziano un vero e proprio giro intorno al mondo che inizia in show-room dove buyer, PR e giornalisti cercano, osservando il campionario proposto, di tracciare quali saranno i trend dell’anno che verrà, per cui selezionano i capi che maggiormente potrebbero ottenere le preferenze del pubblico. I vestiti e gli accessori selezionati da questo momento vengono utilizzati per realizzare eventuali servizi fotografici ed editoriali dai magazine di settore, per contenuti sui social network, per attivazioni e campagne pubblicitarie di sorta.
Da qui in poi parte la vera e propria campagna vendite, il core business dietro le sfilate, in cui gli ordini effettuati dai buyer serviranno a definire la produzione che il marchio o la maison si troverà ad affrontare nei mesi a venire. Come osservato in vari luoghi, non tutto ciò che è andato in scena arriva alla produzione, soprattutto perché alcuni sono veri e propri pezzi unici, realizzati esclusivamente ai fini dello show, che successivamente andranno a trovare la loro dimensione nell’archivio del marchio.
Circa il 30% di quanto visto, quindi, andrebbe direttamente negli archivi storici da cui gli stylist più affermati, e soprattutto più veloci, attingono vestiti per i propri clienti, per occasioni mondane quali ad esempio la notte degli Oscar, o ancora premiazioni di rilievo. I capi del campionario, dunque, vengono suddivisi tra varie parti interessate, arrivando appunto anche dall’altra parte del mondo.
Gli influencer sono solo o il primo o l’ultimo tassello di questo processo, in quanto riescono ad accaparrarsi alcuni vestiti o in occasione della passerella, quando indossano capi da campionario, duplicati e adattati per le loro esigenze, come nel caso di Chiara Ferragni ed Elodie che hanno sfoggiato il maxi coat di The Attico, che di lì a poco avrebbe calcato la scena, oppure quando, una volta mandati in produzione, sono effettivamente pronti per essere venduti.
Allo step della vendita al grande pubblico sono relativamente pochi i vestiti che vi giungono, proprio perché, come osservato da molti, il momento della passerella è un flash estemporaneo in cui va in scena la maestria del designer, la grandezza del suo team, e la capacità di una maison di reinventarsi. Dopodiché, in produzione, quello che è stato visto nelle sfilate diventa una matrice su cui poi adattare le collezioni, alle esigenze del grande pubblico, alle proporzioni fisiche di gente comune, magari coprendo eventuali trasparenze di troppo, o allungando o accorciando orli, e così via.
Il percorso di un abito, o di un accessorio, appare dunque molto lungo, poiché l’obiettivo principale delle maison è di far sì che questo possa viaggiare il più a lungo possibile prima di tornare a casa, il tutto per riuscire ad instillare il desiderio e il vero e proprio bisogno nell’animo dell’acquirente finale, che potrà vederlo indossato dapprima in passerella, successivamente sulle copertine dei magazine o in campagne pubblicitarie, e magari ancora su red carpet rilevanti, per poi vederlo, per puro caso, mentre scorre qualche storia o qualche reel.
Infine, dopo questo lungo vagare, i capi, spesso da campionario, modificato per le esigenze e le corporeità di chi lo indossa, magari per una sola notte, tornano lì dove tutto e iniziato: nell’archivio storico delle maison, pronti ad essere magari prestati per presentazioni e mostre di vario tipo.
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