Com’è nata l’idea di Big Soup e qualche parere sulla community italiana: Facciamo quattro chiacchiere con Stefanino
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26 Gennaio 2020
Articolo di
RedazioneCom’è nata l’idea di Big Soup e qualche parere sulla community italiana: Facciamo quattro chiacchiere con Stefanino
Dal momento in cui il fenomeno streetwear ha iniziato a rappresentare una realtà concreta e in continua evoluzione anche nel panorama nazionale, i più coraggiosi della grande community italiana decisero, a partire da allora, di aprire i primi resell stores anche sul suolo nazionale, seguendo il modello americano e ispirandosi proprio ai progetti di maggiore successo in giro per il mondo.
Sicuramente grande merito di questo fantastico percorso che nel corso degli anni viene portato avanti in tutta Italia, deve essere attribuito a Stefano e Sebastiano, i due ragazzi che nel 2017 decisero di aprire per le strade di Roma un vero e proprio “tempietto” della cultura urban, contro il parere di tutti e soprattutto incerti dell’impatto che questa iniziativa avrebbe avuto sulla gente.
Nacque così Big Soup, ad oggi probabilmente uno dei negozi più in voga e riconosciuti in Italia, che nel corso di questi anni ha sicuramente rappresentato per tutti i giovani un vero e proprio modello e una tappa obbligatoria nelle loro visite alla Capitale.
Proprio per questo motivo, grazie anche al discreto successo che sta riscuotendo su Instagram, abbiamo deciso di scambiare quattro chiacchiere con Stefano Paolini, per gli amici Stefanino, appunto uno dei founder di questa bellissima realtà nel cuore di Roma.
Grazie a voi ragazzi per questa opportunità. L’idea di Big Soup nasce in realtà in maniera molto semplice: una sera ci incontrammo io e Sebastiano (in quel periodo ero fidanzato con sua sorella) e cominciammo a scambiare due chiacchiere sulle passioni comuni.
Ne avevamo diverse anche se provenienti da due mondi opposti. Quella delle sneakers e dello streetwear ci trattenne a chiacchierare per ore e la sera stessa guardandoci negli occhi venne fuori l’idea di aprire un resell store.
Un po’ come quelle chiacchiere che si fanno spesso tra amici ma che non portano mai a nulla. Questa volta, però, è andata diversamente: pochi mesi dopo iniziavamo infatti a lavorare per questo progetto e oggi eccoci qui.
Non abbiamo mai creduto nel posto giusto e nel momento giusto, ma sicuramente nel nostro caso è andata proprio cosi.
Siamo stati aiutati anche da un pizzico di fortuna oltre il lavoro quotidiano e i sacrifici del caso. Sicuramente in questi ultimi anni nel panorama streetwear italiano sono cambiate molte cose e le persone che si sono avvicinate a questo mondo sono davvero tante.
Col passare del tempo, e grazie anche a una buona dose di semplicità e trasparenza, sempre più persone hanno iniziato ad apprezzare Stefano non più come “uno dei proprietari di Big Soup”, ma come un ragazzo che condivide le loro stesse passioni. Credi sia importante nell’epoca del conformismo e dei social distinguersi dalla massa e sviluppare uno stile proprio? È stata questa l’idea che ti ha dato l’ispirazione per fondare il tuo brand, “In case you didn’t know who I am?”
Grazie mille per questo bellissimo complimento.
Il mio percorso per arrivare ad oggi non è stato una passeggiata, sto inseguendo i miei sogni quotidianamente, proprio come ogni ragazzo con cui mi trovo ad interagire, per la strada o sui social. Non tutti però hanno la stessa fame e non tutti riescono a trovare le giuste motivazioni per andare avanti, è difficile farlo.
Credo sia importante imparare da tutti, ma che lo sia ancora di più formare una propria personalità, non solo sui social! Il tempo e le esperienze che si affrontano nella vita aiutano.
L’idea di Incase nasce una sera di febbraio 2017, ero a cena con il mio migliore amico nonché socio del brand Andrea (non mi piace affatto chiamarlo brand sai). Ancora oggi teniamo la produzione molto limitata rispetto alla richiesta: pensa che sono direttamente io a rispondere alle persone durante i drop, mi piace cosi.
Non mi limito a vendere, il guadagno non è il nostro obiettivo principale, piuttosto cerco di capire ed imparare dalla gente. Incase è “una grande famiglia”: seguiamo le nostre idee e proseguiamo per la nostra strada, sicuramente il nostro ragionamento è sbagliato a livello commerciale e spesso siamo criticati per questo, ma siamo fatti cosi.
Un’ultima riflessione. Anche se ci siamo lasciati da poco alle spalle il periodo natalizio, non è mai troppo tardi per aggiungere al nostro guardaroba qualche indumento in più. Te la sentiresti di consigliare ai lettori di SOLDOUTSERVICE un capo d’abbigliamento o una sneaker in particolare che non potrebbe mai mancare all’interno del tuo armadio?
Spero che tutti abbiano ricevuto quello che volevano per Natale, ma se cosi non fosse c’è sempre Big Soup!
Scherzo naturalmente. Un consiglio che posso dare è quello di non puntare quello che rende fichi, non desiderare l’ultima release e pochi giorni dopo quella successiva. Vedo assenza di personalità tra i giovanissimi.
Bisognerebbe acquistare quello che più ci piace secondo il nostro gusto, prendere spunto dagli altri è giusto, ma bisogna rimanere se stessi.
Ringraziamo ancora Stefano per averci concesso questa piacevolissima chiacchierata, che speriamo abbia potuto far emergere qualche informazione in più riguardo questo mondo e magari chiarire alcuni aspetti che potrebbero passare in secondo piano. Invitiamo dunque tutti voi a fare un salto da Big Soup e passare un pomeriggio in amicizia immersi nell’universo urban.
Sicuramente grande merito di questo fantastico percorso che nel corso degli anni viene portato avanti in tutta Italia, deve essere attribuito a Stefano e Sebastiano, i due ragazzi che nel 2017 decisero di aprire per le strade di Roma un vero e proprio “tempietto” della cultura urban, contro il parere di tutti e soprattutto incerti dell’impatto che questa iniziativa avrebbe avuto sulla gente.
Nacque così Big Soup, ad oggi probabilmente uno dei negozi più in voga e riconosciuti in Italia, che nel corso di questi anni ha sicuramente rappresentato per tutti i giovani un vero e proprio modello e una tappa obbligatoria nelle loro visite alla Capitale.
Proprio per questo motivo, grazie anche al discreto successo che sta riscuotendo su Instagram, abbiamo deciso di scambiare quattro chiacchiere con Stefano Paolini, per gli amici Stefanino, appunto uno dei founder di questa bellissima realtà nel cuore di Roma.
Ciao Stefano, innanzitutto ti ringraziamo per aver deciso di condividere le tue esperienze con noi. Inizieremo chiedendoti di spiegare in linea generale in che cosa consiste il progetto Big Soup e l’idea che ne sta alla base.
Grazie a voi ragazzi per questa opportunità. L’idea di Big Soup nasce in realtà in maniera molto semplice: una sera ci incontrammo io e Sebastiano (in quel periodo ero fidanzato con sua sorella) e cominciammo a scambiare due chiacchiere sulle passioni comuni.
Ne avevamo diverse anche se provenienti da due mondi opposti. Quella delle sneakers e dello streetwear ci trattenne a chiacchierare per ore e la sera stessa guardandoci negli occhi venne fuori l’idea di aprire un resell store.
Un po’ come quelle chiacchiere che si fanno spesso tra amici ma che non portano mai a nulla. Questa volta, però, è andata diversamente: pochi mesi dopo iniziavamo infatti a lavorare per questo progetto e oggi eccoci qui.
Quanto credi sia stato importante per il panorama urban italiano vedere la nascita del primo resell store sul suolo nazionale in quel determinato periodo storico? Credi che la consapevolezza generale sia aumentata in merito?
Non abbiamo mai creduto nel posto giusto e nel momento giusto, ma sicuramente nel nostro caso è andata proprio cosi.
Siamo stati aiutati anche da un pizzico di fortuna oltre il lavoro quotidiano e i sacrifici del caso. Sicuramente in questi ultimi anni nel panorama streetwear italiano sono cambiate molte cose e le persone che si sono avvicinate a questo mondo sono davvero tante.
Col passare del tempo, e grazie anche a una buona dose di semplicità e trasparenza, sempre più persone hanno iniziato ad apprezzare Stefano non più come “uno dei proprietari di Big Soup”, ma come un ragazzo che condivide le loro stesse passioni. Credi sia importante nell’epoca del conformismo e dei social distinguersi dalla massa e sviluppare uno stile proprio? È stata questa l’idea che ti ha dato l’ispirazione per fondare il tuo brand, “In case you didn’t know who I am?”
Grazie mille per questo bellissimo complimento.
Il mio percorso per arrivare ad oggi non è stato una passeggiata, sto inseguendo i miei sogni quotidianamente, proprio come ogni ragazzo con cui mi trovo ad interagire, per la strada o sui social. Non tutti però hanno la stessa fame e non tutti riescono a trovare le giuste motivazioni per andare avanti, è difficile farlo.
Credo sia importante imparare da tutti, ma che lo sia ancora di più formare una propria personalità, non solo sui social! Il tempo e le esperienze che si affrontano nella vita aiutano.
L’idea di Incase nasce una sera di febbraio 2017, ero a cena con il mio migliore amico nonché socio del brand Andrea (non mi piace affatto chiamarlo brand sai). Ancora oggi teniamo la produzione molto limitata rispetto alla richiesta: pensa che sono direttamente io a rispondere alle persone durante i drop, mi piace cosi.
Non mi limito a vendere, il guadagno non è il nostro obiettivo principale, piuttosto cerco di capire ed imparare dalla gente. Incase è “una grande famiglia”: seguiamo le nostre idee e proseguiamo per la nostra strada, sicuramente il nostro ragionamento è sbagliato a livello commerciale e spesso siamo criticati per questo, ma siamo fatti cosi.
Un’ultima riflessione. Anche se ci siamo lasciati da poco alle spalle il periodo natalizio, non è mai troppo tardi per aggiungere al nostro guardaroba qualche indumento in più. Te la sentiresti di consigliare ai lettori di SOLDOUTSERVICE un capo d’abbigliamento o una sneaker in particolare che non potrebbe mai mancare all’interno del tuo armadio?
Spero che tutti abbiano ricevuto quello che volevano per Natale, ma se cosi non fosse c’è sempre Big Soup!
Scherzo naturalmente. Un consiglio che posso dare è quello di non puntare quello che rende fichi, non desiderare l’ultima release e pochi giorni dopo quella successiva. Vedo assenza di personalità tra i giovanissimi.
Bisognerebbe acquistare quello che più ci piace secondo il nostro gusto, prendere spunto dagli altri è giusto, ma bisogna rimanere se stessi.
Ringraziamo ancora Stefano per averci concesso questa piacevolissima chiacchierata, che speriamo abbia potuto far emergere qualche informazione in più riguardo questo mondo e magari chiarire alcuni aspetti che potrebbero passare in secondo piano. Invitiamo dunque tutti voi a fare un salto da Big Soup e passare un pomeriggio in amicizia immersi nell’universo urban.
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