I look di Chiara Ferragni sono riusciti a mandare un messaggio?
STYLE
8 Febbraio 2023
Articolo di
RedazioneI look di Chiara Ferragni sono riusciti a mandare un messaggio?
Il momento più atteso dell’anno, l’esordio della 73esima edizione del Festival di Sanremo, è giunto. Un’edizione ricca di novità, prima fra tutti la presenza di Chiara Ferragni come co-conduttrice accanto ad Amadeus e Gianni Morandi. L’imprenditrice digitale, come da lei ironicamente definita, si batte per la valorizzazione degli spazi, come occasioni irripetibili per lanciare dei messaggi di natura sociale, e quale luogo meglio dell’Ariston?
Oltre la voce, il linguaggio passa attraverso il corpo: la postura, il volto, le movenze. Una presenza scandita da quattro look, firmati Dior by Maria Grazia Chiuri, che hanno accompagnato l’evoluzione della sua presenza a Sanremo, in un crescendo di messaggi ricamati sulle mise scelte.
Come già successo con i look di Achille Lauro nelle scorse edizioni, scegliere degli abiti che vogliono trasmettere un messaggio espone al rischio di essere fraintesi e criticati, sul momento, ma di diventare virali sui social network, quando le persone si accorgono dell’importanza della comunicazione oltre il senso estetico. Nonostante ciò, però, l’estetica nella maggior parte dei casi funzionava, in linea con l’importanza delle varie chiavi di lettura che la stessa Chiara ci ha fornito.
Il vestito manifesto
Su la tenda, una donna di spalle mostra un messaggio: “Pensati Libera”, è l’inno preso in prestito da Maria Grazia Chiuri e Chiara Ferragni, da un’opera di Claire Fontaine apparsa a Genova dopo una marcia femminista. Un abito elegante con un corpetto a bustier nero, senza spalline, e un mantello bianco su cui si legge il messaggio. Essenziale e d’impatto, a voler valorizzare più il messaggio che il look, non lascia nulla all’interpretazione ma solo all’immedesimazione. Parole semplici ma forti e senza tempo, un inno universale, perché è nel pensiero che molte persone si imprigionano, e si diventa claustrofobici nella propria mente. Una presa di coscienza molto forte per l’esordio di Chiara all’Ariston, una lotta per non farsi incasellare dove la immaginerebbe la collettività, uno schiaffo alla sindrome dell’impostore che non la vuole mai all’altezza delle sue potenzialità.
Il vestito senza vergogna
Il primo cambio di look è tutto fuorché essenziale, ma sicuramente d’impatto. Un trompe-l’oeil a disegnare il suo corpo, un abito lungo, aderente, in tulle, impreziosito da un gioco di luci ed ombre tramite l’applicazione di cristalli. Chiara su quel palco è come Eva, senza alcuna colpa se non quella di possedere un corpo dalle fattezze femminili. Ci sono parti del mondo in cui il semplice essere donna rappresenta una colpa da espiare, instancabilmente, per tutto il corso della propria vita. C’è davvero ancora da discutere riguardo il corpo di una donna? E se sì, cosa c’è di tanto discutibile? Tutti abbiamo diritto all’uguaglianza, e della libertà di disporre di se stessi, nel limite imposto dal proprio senso estetico. Senza vergogna nel declamare la sua lettera, obbligando gli spettatori a scegliere se concentrarsi sulle sue parole o su un gioco di riflessi espresso dalle forme del proprio corpo.
L’abito contro l’odio
Quattro donne sul palco con lei, ma chi sono? Per presentarle, Maria Grazia Chiuri sceglie di vestirla con un lungo abito bianco, con ricami in sovraimpressione a richiamare alcuni messaggi d’odio che sono arrivati a Chiara. Esponenti dell’associazione nazionale D.i.Re, a cui Chiara ha devoluto in beneficenza il proprio cachet, da oltre trent’anni si battono per estirpare i pregiudizi culturali, maschilisti e sessisti, che si configurano come una vera e propria violenza di genere. Una pagina bianca accesa da un lettering in perle, aggressivo e feroce, ma che elegantemente trova la sua dimensione su un palco così importante. Un abito elegante con un décolleté asimmetrico e un lungo spacco laterale, perché prima di essere figlie, sorelle, mamme, siamo donne, ed è giusto valorizzarsi. Vestiti d’odio e mostra la storia del tuo corpo.
L’abito-gabbia
Come la circolarità dell’epica classica, anche il poema raccontato dal corpo di Chiara Ferragni si ricongiunge al messaggio iniziale per liberarsene, una catarsi pubblica, dall’inizio alla fine. Il quarto look è una tutina completamente tempestata di cristalli su cui spunta una strutturata e rigida gonna in tulle. Lo stesso abito indossato anche dalla piccola Vittoria, con l’idea che ogni sua azione oggi possa servire, in futuro, anche a lei, per farle espiare le colpe di essere donna prima ancora che ne abbia coscienza, che possa essere libera e felice. La gonna è rimovibile, infatti successivamente è apparsa finalmente libera dalle sovrastrutture rappresentate da quella gabbia.
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