Perché l’après-ski è diventato così popolare?
STYLE
4 Febbraio 2023
Articolo di
RedazionePerché l’après-ski è diventato così popolare?
Che voi sappiate pronunciarlo correttamente o meno, l’après-ski ha conquistato letteralmente tutti. Particolarmente popolare tra i giovanissimi, soprattutto grazie alla viralità dei contenuti Instagram e TikTok, in verità è un format che affonda le sue radici nell’era dorata dei club sciistici.
Questi eventi, che inizialmente erano secondari alla giornata sulle piste hanno guadagnato così tanta notorietà che, ad oggi, non è più così. Il loro status attrattivo come occasione di divertimento e socialità ha fatto sì che sempre più persone si avvicinassero alla montagna esclusivamente per questi party.
Coniato negli anni ’50, il termine après-ski vuol dire “dopo lo sci”, e si riferisce ad un’attività sociale, di carattere intrattenente, da svolgere dopo la giornata in pista, per lo più in hotel, ristoranti e baite. Ben oltre la definizione, però, après-ski racchiude in sé un mondo di significati, sottoinsiemi di regole, stile d’abbigliamento e attività che dipendono da che tipo di frequentatore sciistico, o sciatore vero e proprio, sei.
L’attività prevalente consiste nel sorseggiare drink, in chalet o in bar, mentre si ascolta musica. Questo sfocia in veri e propri dj-set e feste, con balli in abiti da sci su panchine e tavoli in legno. Un po’ come si evince dalla maggior parte dei video diffusi online con l’hashtag après-ski.
Le grandi maison di moda hanno, da sempre, investito moltissimo sui look sciistici. Tra gli anni ’20 e ’30, dopo le prime Olimpiadi tenute in Chamonix-Mont-Blanc, stilisti del calibro di Egidio Scaioni e Madeleine Vionnet sconvolsero gli outfit femminili caratterizzati da gonne lunghe e maglioni, abbracciando i pantaloni dal taglio norvegese, più comodi e versatili rispetto alle gonne.
Verso la fine degli anni ’30 esordirono i piumini, con sacche di piume d’oca e materiale isolante e impermeabile, questa fu l’intuizione dell’americano Eddie Bauer che la chiamò “Skyliner”, e segnò il boom sciistico statunitense, nonché l’apertura di numerose piste e chalet. Per lo stile italiano come lo conosciamo noi, e come lo onorava anche Gianni Agnelli, dobbiamo attendere i primi anni ’50, caratterizzati da dolcevita, pantaloni con pences e gilet. Emilio Pucci e Massimo Giorgetti, invece, ebbero il merito di introdurre le tutine aderenti e monocolore, un vero successo anche oltre confine.
Lo stile mountain chic che tanto piace anche alla Gen Z ha acquisito nuovi elementi lungo tutto l’arco del ‘900, come ad esempio l’introduzione del tessuto spandex nel 1959, protagonista dei look attillati assieme ai capispalla imbottiti e ai maglioni dalle grafiche bizzarre. L’abbigliamento da après-ski deve molto anche agli eventi storici di quegli anni, come l’atterraggio dell’Apollo 11 sulla Luna, che portò con sé i look argentati e gli ski google, tuttora item di punta delle collezioni skiwear. Delle grandi maison, Christian Dior e Pierre Cardin ebbero il merito di vestire Sophia Loren e Grace di Monaco direttamente immerse nel panorama innevato.
L’introduzione dei Moon Boot e dell’estetica skiwear anche nello streetwear la si deve a Canada Goose, che negli anni ’70 portò le nuance in technicolor nella vita quotidiana assieme alle giacche in pile, ai capispalla trapuntati e adattabili anche a climi più temperati poiché dotati di maniche rimovibili. Una rappresentazione di questo stile, di quello che gli anni ’80 e la scoperta del GORE-TEX hanno apportato alla vita sciistica è ben visibile nei video degli Wham! e nelle foto di Lady D.
The North Face, Columbia e Patagonia hanno abbattuto, definitivamente, i confini dello stile mountain inserendo elementi casualwear e streetwear che restano ancora oggi attuali. Questo accadeva negli anni ’90 in concomitanza con lo sviluppo della cultura snowboard, con un modo decisamente più spettinato e caotico rispetto al mountain chic puro, e la diffusione dell’estetica dei Paninari.
Di qui, inevitabilmente, anche le maison di alta moda hanno abbracciato il successo del mountain style iniziando a dedicare intere collezioni non solo per lo skiwear, ma anche linee pensate esclusivamente per l’après-ski. Il confine tra abbigliamento esclusivamente sciistico e mondano è sempre più sfumato, creando forti aree di sovrapposizione e contaminazione stilistica che attraggono i giovanissimi.
L’après-ski, dunque, si configura come un’occasione di socialità che trova, in se stessa, la sua legittimazione. Non è più un fenomeno secondario alle piste da sci, ma anzi, è il fulcro dell’attrattiva alpina, specialmente in seguito al periodo pandemico che ha limitato eventi di ogni tipo. Colori vividi e sfavillanti che contrastano con il paesaggio innevato, drink sempre freschi, musica ad alto volume, occhiali da sole, e il party va avanti finché ce n’è. La possibilità di poter sfoggiare occhiali fotocromatici a fascia, tutine colorate, piumini morbidi e abbondanti e Moon Boot, strizza l’occhio non solo al ritorno dell’estetica Old Money, ma anche di quella clubbing, molto nota alle nuove generazioni.
La ritualità di questi eventi si esprime in cornici da sogno, che coniugano tradizione e accoglienza verso le nuove generazioni. Meta di spicco è Gstaad, tra le alpi svizzere, dove lo stile mountain chic è nato e si è affermato come noi lo conosciamo nello chalet Gifferhorn di Valentino. Seguono Cortina, Courmayeur, Aspen e St. Moritz. Dal lato italiano delle Alpi è Livigno la meta più attraente dove vivere un après-ski all’insegna del divertimento, con il Kosmo e il Bivio. Se invece volessimo affidarci a TikTok, i club più gettonati sono la Gargote di Sestriere, nella Vialattea, tra le aree sciistiche più estese d’Europa; e La Folie Douce, in Val Thorens, in uno chalet che è un tripudio di suoni, colori e allegria.
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