ANNI ’80 E PANINARI: Un passaggio più che fondamentale
STYLE
14 Agosto 2019
Articolo di
RedazioneANNI ’80 E PANINARI: Un passaggio più che fondamentale
Uno dei principali fenomeni che hanno portato al delineamento della moderna concezione di “streetwear” a livello italiano (che molto spesso va a fondersi e confondersi con le più disparate influenze high-end e high-fashion) è stata l’esplosione, negli anni 80, del culto “paninaro”.
Il movimento prende il nome dal primordiale punto di ritrovo dei primi gruppi, il noto bar “Al Panino” situato nel centro di Milano, che va a sottolinearne il forte carattere collegiale e consumista che caratterizzerà l’intero fenomeno, per poi andare a estendersi al più noto clichè dei ritrovi di massa davanti a ben più noti distributori come “Burghy” o “McDonald’s".
Il tratto più identificativo del culto paninaro, come ben sappiamo, è indubbiamente la costruzione del proprio status sociale basata su una minuziosa selezione del vestiario.
Partendo dal pezzo più importante, l’immancabile Levi’s 501, il tipico paninaro andava ad affiancare ai più riconoscibili e famosi marchi internazionali, abbinamenti sgargianti che miravano ad attirare quanta più attenzione possibile.
Proprio per questo motivo, nella rosa di capi prediletti dai membri del “movimento” rientravano gli ambitissimi piumini Moncler Grenoble (talvolta alternati alle Schott Aviator Jackets), Timberland o Superga ai piedi, camicia anti-vento CP Company o Stone Island e occhiale rigorosamente marchiato Ray-Ban.
Indipendentemente dallo schieramento politico mascherato dietro le costose scelte stilistiche dei gruppi paninari, il fenomeno ha innegabilmente avuto un impatto fondamentale per lo sviluppo e il progresso della street-culture a livello nazionale.
Il movimento prende il nome dal primordiale punto di ritrovo dei primi gruppi, il noto bar “Al Panino” situato nel centro di Milano, che va a sottolinearne il forte carattere collegiale e consumista che caratterizzerà l’intero fenomeno, per poi andare a estendersi al più noto clichè dei ritrovi di massa davanti a ben più noti distributori come “Burghy” o “McDonald’s".
Il tratto più identificativo del culto paninaro, come ben sappiamo, è indubbiamente la costruzione del proprio status sociale basata su una minuziosa selezione del vestiario.
Partendo dal pezzo più importante, l’immancabile Levi’s 501, il tipico paninaro andava ad affiancare ai più riconoscibili e famosi marchi internazionali, abbinamenti sgargianti che miravano ad attirare quanta più attenzione possibile.
Proprio per questo motivo, nella rosa di capi prediletti dai membri del “movimento” rientravano gli ambitissimi piumini Moncler Grenoble (talvolta alternati alle Schott Aviator Jackets), Timberland o Superga ai piedi, camicia anti-vento CP Company o Stone Island e occhiale rigorosamente marchiato Ray-Ban.
Indipendentemente dallo schieramento politico mascherato dietro le costose scelte stilistiche dei gruppi paninari, il fenomeno ha innegabilmente avuto un impatto fondamentale per lo sviluppo e il progresso della street-culture a livello nazionale.
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