FOOTWEAR

9 Gennaio 2025

Articolo di

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Michela Frau

Qual è la strategia del successo di Golden Goose?

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9 Gennaio 2025

Articolo di

Michela Frau
Golden Goose strategia successo
Courtesy of Golden Goose

Qual è la strategia del successo di Golden Goose?

Sneakers used effect che incoraggiano a vivere liberamente, senza paura. Questa è l’idea alla base dell’inarrestabile successo di Golden Goose, gioiellino nato a Marghera, zona portuale del comune di Venezia, noto ai più per le sue iconiche scarpe contrassegnate da una grande stella sulla tomaia. Stella rigorosamente tagliata a rappresentare la bellezza dell’imperfezione e dell’unicità, come sottolinea il CEO Silvio Campara ospite di Millions, il podcast di Joe Bastianich e Tommaso Mazzanti dedicato alle storie imprenditoriali di successo. E quella di Golden Goose lo è, senza ombra di dubbio.

Lo dimostrano, ulteriormente, i risultati ottenuti nei primi nove mesi del 2024: le vendite hanno raggiunto i 466 milioni di euro, con una crescita del 12% rispetto all’anno precedente. Una performance ancora più straordinaria considerando l’attuale contesto e le difficoltà a cui il settore deve far fronte, dal quale emerge un dato importante. I ricavi netti diretti, quelli definiti direct to consumer e quindi realizzati negli store, sono cresciuti addirittura del 18% a dimostrazione di quanto la costruzione di un rapporto solido e diretto con i clienti, senza intermediari, sia alla base della strategia di successo del marchio.

«I dati», commenta Campara, intervistato da Class CNBC, «confermano la nostra voglia di credere nel consumatore e di abbracciarlo. Crediamo che il mondo del desiderio, e quindi del distacco dal consumatore, appartenga ormai al passato. Il futuro e il presente sono legati all’idea di un rapporto diretto con il consumatore». Nelle parole del manager, che oltre a essere CEO dal 2018 è anche il secondo maggiore investitore dell’azienda, anticipato solo dal fondo di private equity Permira (detentore della maggioranza), emerge il fulcro della strategia e l’anima consumer-obsessed del brand.

Gli store: tempio per i legami

Sono oltre 220, con l’ultimo inaugurato a Verona qualche giorno fa, distribuiti in 62 nazioni e tutti direttamente controllati dal marchio. I negozi per Golden Goose assumono la funzione di templi all’interno dei quali un prodotto, in questo caso una sneaker, diventa la memoria di un sentimento, frutto di un processo di co-creazione in cui i consumatori stessi diventano attori principali.

Attraverso quella che viene definita co-creation experience, ai clienti viene offerta la possibilità di personalizzare le proprie calzature, scegliendo materiali e accessori, come borchie, charms e lacci, che rendono unico ogni prodotto del brand, rafforzando al contempo il legame con i consumer che si sentiranno speciali ed emotivamente coinvolti. «Abbiamo accettato di avere magari meno margine di creatività, o meglio di focalizzarla non solo nel prodotto ma di dedicarla allo sviluppo di questo prodotto», spiega Campara da Millions, a cui va il merito di aver traghettato il brand verso la creazione di una fedelissima community. Fedelissima e giovanissima.

La fedeltà della Gen Z

«Ho seguito la storia di successo di Golden Goose negli ultimi 10 anni e sono rimasto colpito dalla cultura unica, dal prodotto e dalla community che il gruppo è riuscito a costruire su scala globale», ha dichiarato Marco Bizzarri, ex CEO di Gucci, entrato nel CdA lo scorso aprile. D’altronde, quella attorno al marchio nato nel 2000 dall’intuizione di Alessandro Gallo e Francesca Rinaldo è una community ampia e diversificata, che spazia da star del calibro di Taylor Swift, Gisele Bündchen, Rita Ora e Selena Gomez, paparazzate con le Golden Goose ai piedi, fino ai giovanissimi della Gen Z.

L’85% dei consumatori ha infatti un’età compresa tra i 16 e i 45 anni. Un successo correlato al fatto che il 72% dei dipendenti dell’azienda ha meno di 32 anni, il che li rende capaci di interpretare sogni e bisogni dei giovanissimi acquirenti, che sfoggiano con orgoglio le calzature co-create su tutti i social, contribuendo a diffondere la potenza del messaggio: Be Younique!

Per coinvolgere la propria community, il marchio, che nel tempo ha ampliato la propria gamma di prodotti aprendosi anche all’abbigliamento, ha lanciato diverse collaborazioni. Iconica fu quella con Off-White nel 2016. «Il tocco fatto a mano e vissuto che le rende uniche», spiegava con entusiasmo Virgil Abloh al Wall Street Journal, a proposito di come un paio di scarpe rovinate potessero costare così tanto. Arrivarono poi le co-lab con BAPE, Swarovski e, ultima in ordine temporale, quella con FiveFourFive, svelata lo scorso novembre negli spazi milanesi di Via Cusani.

In questo scenario, l’esigenza primaria per il brand, che ha colto l’essenza della modernità legata alla necessità di appartenere a qualcosa (piuttosto che desiderare qualcosa), è quella di essere connesso con la società. La connessione con la realtà, quindi, rappresenta l’unica via d’accesso per la costruzione di un marchio di successo.

E proprio grazie a tale naturale capacità di osservazione, Golden Goose ha temporaneamente (e inaspettatamente) bloccato il debutto in Borsa previsto per lo scorso giugno. Una decisione causata dalla volatilità di un mercato, deteriorato da una complessa situazione economica, che non avrebbe accolto nel miglior modo possibile l’azienda veneta, che invece vive una fase di inarrestabile crescita. Ma il debutto in Borsa, non appena il contesto lo permetterà, è un obiettivo che rimane. Perché Golden Goose corre. A passi spediti, ma senza fretta.

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