La Gen Z sta cambiando il nostro modo di fare acquisti?
STYLE
9 Dicembre 2024
Articolo di
Camilla BordoniLa Gen Z sta cambiando il nostro modo di fare acquisti?
Che vi piaccia o meno, la risposta è un sonoro sì; la Gen Z sta riscrivendo le regole del commercio e della shopping experience con un approccio tecnologico, “socializzabile” e forse anche un po’ imprevedibile. Non sappiamo esattamente cosa abbia scatenato in noi questa consapevolezza; se siano stati prima i caffè presi direttamente in store o il tempo che abbiamo passato nei corner “trending on TikTok”. Fatto sta che quando ci siamo ritrovati a seguire con un occhio una masterclass beauty e osservare i capi (che avremmo comprato subito dopo) con l’altro, il dubbio (in noi millennials, ndr) è sorto in maniera spontanea.
Cresciuti con uno smartphone in mano e una timeline da scorrere, si potrebbe ipotizzare benissimo che i consumatori della Gen Z non si limitino a fare acquisti ma vivano ogni transazione come un’esperienza. Un viaggio all’acquisto che si anima di valori, emozioni e connessioni che vanno ben oltre il mero prodotto e che sono precedute, per la maggior parte dei casi, da video/reels e call to action sui social… come, per esempio, l’annuncio di un evento straordinario raccontato seguendo il format delle previsioni meteorologiche. Insomma, se in generale ci stiamo abituando a un acquisto molto più engaging, è normale trovare le vetrine con i manichini noiose, no?
Per la Gen Z, l’experience va sempre sold out!
Di esempi ce ne sono abbastanza ma il concetto base-guida dei marchi è quello di toccare più touch point in rapida successione in modo da far entrare il consumatore all’interno del proprio world building, possibilmente creandoci anche una community attorno. Perché se la Generazione Z chiede alle labels di fare molto più che vendere, allora le griffe devono offrire esperienze e/o dei modi di vivere (o almeno l’idea di quel way of life).
Rifletteteci, il caso più semplice e virale è stato quello di Rhode, l’impero beauty di Hailey Bieber. Solo lei poteva convincerci dell’utilità di una cover con porta gloss incorporato, e sempre solo lei ci poteva portare a rivedere in loop migliaia di video dove un blush viene posizionato correttamente per ricreare il trend “strawberry girl”. Se pensate che tutto questo esuli dall’esperienza d’acquisto vi sbagliate, oggi prima di strisciare la carta si cercano conferme online e se l’algoritmo suggerisce velatamente che quel items è cool allora lo compri. In caso contrario, scrolli e passi oltre.
Ma questa è solo la punta dell’iceberg. Nel 2024 sembra infatti che il classico “sabato per negozi” non basti più. Se prima potevamo sentirci appagati guardando, provando e comprando un capo, adesso questa semplice modalità diretta e lineare non ci soddisfa poi più di tanto.
Anzi a volte ci annoia anche. Fortuna che ci ha pensato l’iperattività della Gen Z a influenzare le nostre aspettative e la trasformazione degli store fisici in luoghi dove spendere il free time. Bar, caffè o ampi open space allestiti stanno infatti diventando degli hot spot must-have per catturare l’attenzione dei consumers, che ad oggi cercano connessioni autentiche e momenti condivisibili costruiti attorno al concetto di “phygital”. Così da indurci a pensare «fa niente se non mi posso permettere quel cappotto, un cappuccino va bene lo stesso».
In aggiunta a ciò, dobbiamo sottolineare che uno store che permette di provare capi tramite specchi interattivi o di ordinare online direttamente dal camerino si assicura dei plus che certamente ci convincono a tornare. Tuttavia a spingerci maggiormente verso l’acquisto sono le firme che, per esempio, ci intrattengono con marketplace conditi da sound party e giochi interattivi (come Stitch) o con masterclass diversificate che ci fanno sentire apprezzati, coccolati e facenti parte di una parentesi esclusiva dove è possibile creare anche dei nuovi legami e … accaparrarsi un pezzo sold out!
Social commerce: tra raccomandazioni, haul e aspettative
Per la Gen Z è normale iniziare il percorso d’acquisto online, ma per tutte le altre generazioni? Parliamoci chiaro, nel 2010 comprare direttamente da siti sparsi nel world wide web era un’impresa tra il titanico, l’avanguardistico e lo spericolato. I millennials si ricorderanno certamente di quella terrificante leggenda metropolitana che stabiliva che se compravi abbigliamento su Internet per il 60% ti avrebbero fregato, per il 30% delle probabilità ti avrebbero clonato la carta e per quel misero restante 10% l’avresti passata liscia, salvo eventualmente per la taglia che ovviamente sarebbe stata sbagliata. Partendo da questo background, potete immaginare il senso di onnipotenza provato da questo target nel poter convalidare l’acquisto senza nemmeno avere fisicamente dietro il bancomat.
E che dire delle piattaforme new gen come TikTok e Instagram? Solo dei social network? Macché, semmai in ottica di shopping sono dei bignami e strumenti di marketing che se sfruttati a regola d’arte vi possono far desiderare qualsiasi cosa. E galeotte sono le “recommendations”! Se siete fan della moda dovreste già saperlo, soffermatevi per più di quattro secondi su un reel ootd o su un haul e l’algoritmo capirà.
Continuerà a proporvi gli stessi format allettanti, pieni di abiti, new in e accessori wow. La Gen Z sarà anche più cosciente e rispettosa dell’ambiente, ma le clip condivise online per qualsivoglia motivo (per fama, divertimento, per diventare virali) mostrano armadi potenzialmente infiniti e oggetti del desiderio da fare vostri prima che diventino “out of stock” (adidas Gazelle o mascara burgundy di Kiko, do you remember?)
Sì, la Gen Z ci ha portato a cambiare il nostro modo di fare acquisti, ma i loro desideri con il loro tone of voice ci hanno reso anche più consumistici? A voi tirare le somme, mentre noi cerchiamo di guardare il lato positivo del fenomeno. Certamente la new generation sta influenzando il commercio, plasmando abitudini di consumo nuovo all’insegna di un lifestyle completo e, ammettiamolo, anche più divertente. In fin dei conti bando all’ipocrisia: la legge della domanda e offerta rimane la stessa e noi saremo sempre un po’ vittime del marketing… a prescindere dal corner, dal pop up, dallo store con l’AI o dalla televendita alla tv.
advertising
advertising