STYLE

24 Ottobre 2024

Articolo di

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Michela Frau

Zara verso il premium: la strategia in sei mosse 

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24 Ottobre 2024

Articolo di

Michela Frau
Zara premium strategia Kate Moss Stefano Pilati
Courtesy of Zara

Zara verso il premium: la strategia in sei mosse 

«Non vogliamo essere veloci, vogliamo essere agili e flessibili». Questa è la dichiarazione rilasciata da Marta Ortega in occasione della diffusione dei risultati finanziari del gruppo galiziano nel 2022, che al meglio riassume la strategia che la presidente del gruppo Inditex intende portare avanti per Zara, gioiellino di famiglia fondato da suo padre, Amancio Ortega, e dalla sua prima moglie, Rosalía Mera. Dal primo negozio aperto nel 1975 a La Coruña, cittadina sulla costa atlantica spagnola, Zara ne ha fatta di strada, arrivando a diventare una forza inarrestabile da 26 miliardi di euro di vendite annuali, cifra record raggiunta dal marchio nel 2023, anno tutt’altro che semplice per l’industria della moda. 

Appare ormai chiaro, anche a chi non è un esperto di moda ma un semplice acquirente che ha avuto a che fare con il marchio negli ultimi tempi, che il primo brand del colosso spagnolo abbia negli ultimi anni avviato un viaggio verso il premium, cercando di distaccarsi definitivamente dal fast fashion. Ma quali sono le tappe di questo viaggio? 

1. Marta Ortega diventa presidente di Inditex

Con una laurea in imprenditoria internazionale alla London Business School, la figlia del patron di Inditex arriva in azienda nel 2007 ricoprendo diversi ruoli, tra cui quello da commessa in un punto vendita nella capitale inglese, fino ad arrivare nel 2021 alla nomina di presidente del gruppo, succedendo a Pablo Isla, che dal 2011 ricopriva anche il ruolo di amministratore delegato.

Marta prende le redini dell’azienda a partire dall’aprile 2022 e, a braccetto con il nuovo ceo Óscar García Maceiras, guida Zara verso una strategia che pone al centro il prodotto. «Più del 40% delle persone che lavorano nel team si dedicano al prodotto. Abbiamo più di 250 stilisti da Zara, lo stesso vale per i modellisti. Costruire qualità, in ogni aspetto dell’azienda, è il mio obbiettivo», ha dichiarato lo scorso anno in un intervista rilasciata al Financial Times.

2. Le collaborazioni d’autore

Non solo per le collezioni di abbigliamento, negli ultimi tempi Zara ha lanciato numerose collaborazioni che hanno coinvolto anche la linea home (con Vincent Van Duysene) e l’haircare (Guido Palau). Sempre più numerose e sempre più veloci, come se i progetti a quattro mani avessero assorbito il concetto di fast, accezione un tempo riservata alla velocità di produzione dei capi. Solo nelle ultime settimane è arrivata negli store la collezione con Stefano Pilati, è stata annunciata quella con Kate Moss, quella con il brand ungherese Nanushka, e infine quella con Samuel Ross.

Una costellazione di collab, che si aggiungono a quelle sporadicamente lanciate dal brand negli anni passati (con Narciso Rodriguez, Rhuigi Villaseñor e Harry Lambert, ad esempio) e che sembrano ora diventate un modus operandi adottato da Zara per arrivare ad un nuovo target, alzando al contempo la percezione del suo valore.

3. La riorganizzazione del retail

Con un investimento da 900 milioni annuali nel biennio 2024-2025, Zara è pronta a proseguire la strategia finalizzata a integrare l’esperienza fisica con quella digitale, offrendo ai consumatori una gamma di servizi che rendano l’atto d’acquisto un esperienza di consumo elevata. Per questo, negli ultimi anni, il management ha progressivamente ridotto il numero dei piccoli store sul territorio, preferendo concentrare le proprie risorse nei flagship posizionati in location strategiche.

Questi negozi dalle ampie dimensioni, si integrano con la tradizione estetica, architettonica e culturale del Paese ospitante. Ne è un ulteriore esempio l’ultimo store aperto nel cuore di Lisbona. Dislocato su una superficie da 5 mila metri quadrati, il negozio accoglie tutte le collezioni, un ecosistema di servizi digitali (come la possibilità di prenotare i camerini tramite app o quella di effettuare i resi in autonomia) e infine una caffetteria aperta in collaborazione con la storica pasticceria locale Castro, che offre la possibilità di gustare i celebri Pasteis de nata. 

4. L’aumento dei prezi

Pullover in cashmere, abiti da sera in seta o una giacca in pelle venduta a 650 euro: materiali pregiati e un prezzo decisamente elevato per un marchio di fast fashion. Secondo quanto riportato da MarketScreener, tra il 2021 e il 2022 il prezzo dei capi di fascia alta è aumentato in media del 19%, mentre il prezzo medio dei capi negli store europei del brand è cresciuto dell’11%. Se da un lato la scelta di alzare i prezzi ha permesso a Zara di proteggere i margini di profitto dall’inflazione, dall’altro lato si è rivelata una strategia utile per elevare la percezione del marchio.

5. L’estetica delle campagne pubblicitarie

Sebbene Zara non investa ingenti somme nella pubblicità tradizionale, la qualità delle sue campagne e dei lookbook dimostra che, in termini di immagine, il marchio spagnolo non è disposto a badare a spese. Dagli scatti di Steven Meisel a quelli di Mario Sorrenti, fino alle foto di David Sims, che ha immortalato sia Kate Moss in un servizio del 2022 con lo styling di Emanuelle Alt, sia la figlia Lila Moss nella campagna dedicata al denim per la stagione primavera-estate 2024. Suggestivi immaginari, styling d’autore e pose iconiche rendono le campagne di Zara altamente riconoscibili.

6. L’attenzione alla sostenibilità

Se da un lato produrre capi, e soprattutto numerose collezioni in pochissimo tempo (Zara produce in media circa 800 milioni di vestiti all’anno), significa inevitabilmente avere un impatto negativo sull’ambiente, è necessario sottolineare l’impegno di Zara per ridurre tale impatto e decarbonizzare l’azienda entro il 2040.

Quattro anni fa, il marchio ha lanciato il Sustainability Innovation Hub, una piattaforma che collabora con 350 startup per promuovere l’uso di nuove tecnologie, processi produttivi innovativi e materiali sostenibili, come il cotone biologico, riciclato o di nuova generazione. Tra le varie iniziative, il progetto Zara Pre-Owned, che consente ai clienti di prolungare il ciclo di vita dei capi tramite donazione, riparazione o rivendita, una strategia fondamentale per favorire la transizione green nella moda.

In un momento complesso sia per il lusso, provato dalla compressione dei consumi cinesi, sia per il fast fashion, che deve tener conto delle repressioni e delle sanzioni che i Paesi europei intendono porre, Zara prosegue con forza il suo percorso verso il premium. Ma riuscirà a liberarsi dell’etichetta di istituzione del fast fashion? Complicato rispondere a questa domanda, ma la strategia avviata dal colosso del gruppo spagnolo potrebbe sicuramente consentirgli di guadagnarsi le grazie dei consumatori cosiddetti aspirazionali, gran parte dei quali sono stati attualmente esclusi dal lusso a seguito dell’impennata spropositata dei prezzi.

E gli affezionati alla moda low-cost? Difficile immaginare che Inditex intenda rinunciare a questa importante fascia di consumatori, che potrebbe soddisfare puntando su Lefties, altro marchio in portafoglio. Nato nel 1993 come outlet del gruppo, Lefties nel 2010 è diventato una catena indipendente presente in 19 Paesi, dove vendendo jeans a 17,99 euro e abiti a 7,99 euro, potrebbe rivelarsi la carta vincente per battere l’ultra fast fashion di Temu e Shein.

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