Da niente a qualcosa, da qualcosa a tutto
SOUND
21 Novembre 2020
Articolo di
Luca GissiDa niente a qualcosa, da qualcosa a tutto
La gigantografia di Sfera Ebbasta a Times Square, nel cuore di New York, è il simbolo che più di tutti rappresenta cosa è stato capace di fare un giovane ragazzo italiano, uno dei tanti, l'unico tra tanti. Gionata è riuscito a portare la sua passione fino al cuore pulsante dell'intrattenimento mondiale, lo stesso luogo che da sempre la scena italiana, e in larghissima parte anche europea, ha visto come qualcosa di inarrivabile, d'inespugnabile. Il luogo da cui tutto è partito, ma che in questa storia diventa il luogo in cui tutto, finendo, si riunisce. Il simbolo è forte, più forte dei numeri, delle classifiche, del disco d'oro dopo un solo giorno; Sfera con “Famoso” vuole cambiare il suo gioco, e la sua faccia dall'alto dei grattacieli di New York, sparsa anche per le capitali europee, emoziona molti di noi.
L'attesa di un progetto simile in Italia non aveva mai visto dei precedenti del genere, se non altro perché non vi era mai stato nulla di questo tipo. Un vortice comunicativo che in fase promozionale ha divinizzato il suo prodotto, dal quale i “clienti” si sono trovati attratti sempre più. Gli stessi ascoltatori, dai più affezionati agli occasionali, si sono sentiti la minuscola parte di un qualcosa di straordinario, in cui tutti si sono sentiti partecipi dei suoi traguardi. Si sta parlando di un legame che va ben oltre la musica, di un'ambizione del successo e del migliorarsi di cui i ragazzi intercettano i valori di fondo, contro le maldicenze di chi avrà sempre qualcosa da ridire.
L'ambizione sta alla base di “Famoso”, certo, ma sta anche alla base del processo artistico di Sfera, che ponendosi continuamente nuovi obiettivi, è arrivato a un punto difficile anche da commentare. È così che la volontà ha portato questo ragazzo a conquistarsi la medaglia d'oro dell'industria musicale e dell'iconografia giovanile del nostro paese. Non è però questo quello a cui punta Sfera, o almeno non più: i gusti di “Famoso” pongono la questione su livelli ancora più alti, coinvolgendo le più importanti piazze internazionali. A questo si arriva solo tramite un'ulteriore consapevolezza nei propri mezzi. Mezzi che neppure esistevano, ma che col tempo ha cercato di costruirsi.
Concentrandoci sul disco, ci si presenta davanti un lavoro dal mood generale molto diverso dal precedente, una generalità che tra l'altro si fa fatica a trovare. Se “Rockstar” aveva avuto un filo rosso musicale ben marcato, con un suono tutto sommato coerente, lo Sfera Ebbasta di “Famoso” ricerca per tutta la durata nuovi stili e nuovi approcci per interagire con diverse nuove tipologie di pubblico. La varietà musicale viene inseguita in maniera spasmodica, nel tentativo di rielaborare sempre nuovi approcci sotto la propria visione. Cercando di farsi portavoce dell'Italia, o perlomeno della sua Italia, ha voluto captare segnali internazionali ed esprimersi nei più disparati ambiti per dimostrare la sua polifunzionalità.
Un rapporto da considerare, e che nel disco si evolve rispetto al passato, è quello con la trap, un termine che per gli italiani ha spesso identificato il suo personaggio prima ancora della sua musica. Oggi però sarebbe avventato rinchiuderlo ancora in quell'etichetta, perché “Famoso” non è per la maggiore un disco trap. Come ci suggerisce anche la copertina, è invece un quadro che dall'esterno vuole offrire la sua più dinamica e variegata espressione artistica, sempre alla ricerca dei suoni di tendenza prelevati dai contesti più diversi che sperimentando ha voluto abbracciare.
Sfera ha cercato di accontentare tutti? Non è detto. Ha cercato di accontentare molti, sicuramente. Ha cercato di espandersi in confini che alcuni suoi fan più affezionati non masticano nemmeno per capire fin dove può arrivare la sua musica: il filo conduttore della sua mentalità viene comunque rispettato in tutte le sfaccettature presenti.
Andando più a fondo, i featuring internazionali presenti sono il meccanismo da cui parte la vera svolta ricercata e innescata da Sfera. Future scrive il proprio nome in quello che probabilmente diventa il featuring italiano più importante di sempre, e lo fa con una strofa da capogiro, ben al di sopra delle aspettative di molti che potevano pensare a un compito da sufficienza: “Abracadabra” è il primo punto di forza del disco, forse anche il più significativo. Il secondo è il calore latino di J Balvin in “Baby”, traccia che a livello di mercato sembra essere la più richiesta e fatta a pennello per raggiungere numeri spropositati. Non sono da meno le altre collaborazioni con un Offset spaziale nella seconda hit “Macarena”, fino agli influssi nordafricani di 7ari, passando per Lil Mosey che porta le sonorità più hot della scena americana, arrivando agli stessi Marracash e Guè Pequeno, che si trovano in un ruolo del tutto particolare nel contesto del disco. Abbiamo detto che da qui parte la svolta di Sfera, svolta che però si concretizza nello specifico dal punto di vista musicale.
È proprio da questo che si crea la varietà più corposa, quasi sostanziale rispetto al passato. Anche qui i nomi coinvolti parlano da sé, in particolar modo quelli giganti di Steve Aoki, Diplo e London On Da Track. Quest'ultimo ci regala una delle sue hit, Aoki invece strizza l'occhio a una raffinata traccia EDM, e mentre Diplo si cimenta nell'esperimento forse più azzardato del disco, “Hollywood”, una traccia dai sample pop rock inedita nella discografia del nostro Sfera. Per il resto collabora con Junior K, producer del roaster BHMG, che spinge anche verso le soluzioni più pop del disco, e Drillionaire, con la sua impronta più street e legata al genere. Charlie Charles guarda tutto dall'alto da produttore esecutivo, evolvendosi da semplice beatmaker a qualcosa di più grande. Firma comunque la prima traccia da produttore, l'introspettivo singolo “Bottiglie Privè”. Persino lo stesso Sfera produce l'ultima traccia, "$€ Freestyle", un freestyle del tutto inaspettato per come si evolve il disco, molto più dritto e meno melodico rispetto al resto: un omaggio ai fan per chiudere al meglio il tutto, ricordare da dove viene e dimostrare che sa ancora cavalcare sound del suo passato.
Tutti i nomi collezionati sono chiari segnali del potere raggiunto da Sfera, nomi che i colleghi italiani potrebbero solo leggere con invidia, se di colleghi si può parlare: sembra ormai chiaro che il ragazzo di Cinisello stia giocando in un altro campionato, in cui da subentrato sta cercando di comprenderne velocemente tutte le regole.
Ci sarebbe ancora tanto da aggiungere, perché gli spunti di riflessione nascosti sono stratificati e stupiscono in continuazione. È difficile non cadere nel giudizio affrettato e nel difendere un lavoro come questo a spada tratta, soprattutto se non si parla strettamente di musica. C'è qualcosa di sottile e di molto più importante che però va oltre il disco e le valutazioni del caso. Per tanti ragazzi “Famoso” è un simbolo, Sfera è un simbolo. Per alcuni “Famoso” è identità, Sfera è identità. A molti piacerebbe essere Famoso, a tutti piacerebbe essere lo Sfera Ebbasta della propria partita. Il concetto del credere in sé stessi, di avere ambizioni più grandi degli altri pur partendo dal nulla resta pietra angolare del suo messaggio, più di tutte le specificità da individuare. L'ultimo verso “Da niente a qualcosa, da qualcosa a tutto” che chiude il disco, per questo, vale più di mille parole.
L'attesa di un progetto simile in Italia non aveva mai visto dei precedenti del genere, se non altro perché non vi era mai stato nulla di questo tipo. Un vortice comunicativo che in fase promozionale ha divinizzato il suo prodotto, dal quale i “clienti” si sono trovati attratti sempre più. Gli stessi ascoltatori, dai più affezionati agli occasionali, si sono sentiti la minuscola parte di un qualcosa di straordinario, in cui tutti si sono sentiti partecipi dei suoi traguardi. Si sta parlando di un legame che va ben oltre la musica, di un'ambizione del successo e del migliorarsi di cui i ragazzi intercettano i valori di fondo, contro le maldicenze di chi avrà sempre qualcosa da ridire.
L'ambizione sta alla base di “Famoso”, certo, ma sta anche alla base del processo artistico di Sfera, che ponendosi continuamente nuovi obiettivi, è arrivato a un punto difficile anche da commentare. È così che la volontà ha portato questo ragazzo a conquistarsi la medaglia d'oro dell'industria musicale e dell'iconografia giovanile del nostro paese. Non è però questo quello a cui punta Sfera, o almeno non più: i gusti di “Famoso” pongono la questione su livelli ancora più alti, coinvolgendo le più importanti piazze internazionali. A questo si arriva solo tramite un'ulteriore consapevolezza nei propri mezzi. Mezzi che neppure esistevano, ma che col tempo ha cercato di costruirsi.
Concentrandoci sul disco, ci si presenta davanti un lavoro dal mood generale molto diverso dal precedente, una generalità che tra l'altro si fa fatica a trovare. Se “Rockstar” aveva avuto un filo rosso musicale ben marcato, con un suono tutto sommato coerente, lo Sfera Ebbasta di “Famoso” ricerca per tutta la durata nuovi stili e nuovi approcci per interagire con diverse nuove tipologie di pubblico. La varietà musicale viene inseguita in maniera spasmodica, nel tentativo di rielaborare sempre nuovi approcci sotto la propria visione. Cercando di farsi portavoce dell'Italia, o perlomeno della sua Italia, ha voluto captare segnali internazionali ed esprimersi nei più disparati ambiti per dimostrare la sua polifunzionalità.
Un rapporto da considerare, e che nel disco si evolve rispetto al passato, è quello con la trap, un termine che per gli italiani ha spesso identificato il suo personaggio prima ancora della sua musica. Oggi però sarebbe avventato rinchiuderlo ancora in quell'etichetta, perché “Famoso” non è per la maggiore un disco trap. Come ci suggerisce anche la copertina, è invece un quadro che dall'esterno vuole offrire la sua più dinamica e variegata espressione artistica, sempre alla ricerca dei suoni di tendenza prelevati dai contesti più diversi che sperimentando ha voluto abbracciare.
Sfera ha cercato di accontentare tutti? Non è detto. Ha cercato di accontentare molti, sicuramente. Ha cercato di espandersi in confini che alcuni suoi fan più affezionati non masticano nemmeno per capire fin dove può arrivare la sua musica: il filo conduttore della sua mentalità viene comunque rispettato in tutte le sfaccettature presenti.
Andando più a fondo, i featuring internazionali presenti sono il meccanismo da cui parte la vera svolta ricercata e innescata da Sfera. Future scrive il proprio nome in quello che probabilmente diventa il featuring italiano più importante di sempre, e lo fa con una strofa da capogiro, ben al di sopra delle aspettative di molti che potevano pensare a un compito da sufficienza: “Abracadabra” è il primo punto di forza del disco, forse anche il più significativo. Il secondo è il calore latino di J Balvin in “Baby”, traccia che a livello di mercato sembra essere la più richiesta e fatta a pennello per raggiungere numeri spropositati. Non sono da meno le altre collaborazioni con un Offset spaziale nella seconda hit “Macarena”, fino agli influssi nordafricani di 7ari, passando per Lil Mosey che porta le sonorità più hot della scena americana, arrivando agli stessi Marracash e Guè Pequeno, che si trovano in un ruolo del tutto particolare nel contesto del disco. Abbiamo detto che da qui parte la svolta di Sfera, svolta che però si concretizza nello specifico dal punto di vista musicale.
È proprio da questo che si crea la varietà più corposa, quasi sostanziale rispetto al passato. Anche qui i nomi coinvolti parlano da sé, in particolar modo quelli giganti di Steve Aoki, Diplo e London On Da Track. Quest'ultimo ci regala una delle sue hit, Aoki invece strizza l'occhio a una raffinata traccia EDM, e mentre Diplo si cimenta nell'esperimento forse più azzardato del disco, “Hollywood”, una traccia dai sample pop rock inedita nella discografia del nostro Sfera. Per il resto collabora con Junior K, producer del roaster BHMG, che spinge anche verso le soluzioni più pop del disco, e Drillionaire, con la sua impronta più street e legata al genere. Charlie Charles guarda tutto dall'alto da produttore esecutivo, evolvendosi da semplice beatmaker a qualcosa di più grande. Firma comunque la prima traccia da produttore, l'introspettivo singolo “Bottiglie Privè”. Persino lo stesso Sfera produce l'ultima traccia, "$€ Freestyle", un freestyle del tutto inaspettato per come si evolve il disco, molto più dritto e meno melodico rispetto al resto: un omaggio ai fan per chiudere al meglio il tutto, ricordare da dove viene e dimostrare che sa ancora cavalcare sound del suo passato.
Tutti i nomi collezionati sono chiari segnali del potere raggiunto da Sfera, nomi che i colleghi italiani potrebbero solo leggere con invidia, se di colleghi si può parlare: sembra ormai chiaro che il ragazzo di Cinisello stia giocando in un altro campionato, in cui da subentrato sta cercando di comprenderne velocemente tutte le regole.
Ci sarebbe ancora tanto da aggiungere, perché gli spunti di riflessione nascosti sono stratificati e stupiscono in continuazione. È difficile non cadere nel giudizio affrettato e nel difendere un lavoro come questo a spada tratta, soprattutto se non si parla strettamente di musica. C'è qualcosa di sottile e di molto più importante che però va oltre il disco e le valutazioni del caso. Per tanti ragazzi “Famoso” è un simbolo, Sfera è un simbolo. Per alcuni “Famoso” è identità, Sfera è identità. A molti piacerebbe essere Famoso, a tutti piacerebbe essere lo Sfera Ebbasta della propria partita. Il concetto del credere in sé stessi, di avere ambizioni più grandi degli altri pur partendo dal nulla resta pietra angolare del suo messaggio, più di tutte le specificità da individuare. L'ultimo verso “Da niente a qualcosa, da qualcosa a tutto” che chiude il disco, per questo, vale più di mille parole.
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