Che fine ha fatto il marchio di Bobo Vieri e Paolo Maldini “Sweet Years”?
STYLE
23 Giugno 2020
Articolo di
Simone Dal Passo CarabelliChe fine ha fatto il marchio di Bobo Vieri e Paolo Maldini “Sweet Years”?
Era il 2003 quando il parrucchiere personale di Christian Vieri decise di dare un importante consiglio al giocatore, che sarebbe culminato nella concretizzazione di un progetto incredibilmente stabile e duraturo, ossia la fondazione di un proprio marchio d'abbigliamento.
Coinvolgendo il collega e amico Paolo Maldini e Mauro Russo, i tre decisero di mettere in gioco il proprio istinto imprenditoriale dando vita ad un business da 45 milioni di euro, iniziando per via di una semplice scommessa stipulata tra amici.
Stando alle dichiarazioni dei tre soci, il punto più alto mai raggiunto dall'azienda è stato il periodo dal 2003 al 2007, quando i volumi di vendita riuscivano a toccare cifre da 3 milioni di T-shirts a stagione, surclassando i numeri delle più affermate maison a livello nazionale e non.
Il marchio riuscì anche a costruirsi un'importantissima reputazione anche oltre i confini del territorio nazionale come afferma lo stesso Russo: "Per i primi anni Sweet Years è stato un fenomeno soltanto italiano che piano piano si è esteso grazie alla notorietà dei nostri campioni, anche all’estero: a partire dal 2009 è sbarcato in Russia, Ucraina, Paesi Balcanici, Middle East, Giappone, Messico e stiamo provando anche ad entrare nel Nord Europa".
Il secondo impulso decisivo infatti lo si deve al post crisi finanziaria del 2008-2009, specialmente per via del forte appoggio al mondo delle celebrities su cui poteva contare la lista contatti dei fenomeni calcistici italiani.
Per quanto riguarda lo stato attuale invece, sappiamo che l'azienda nel 2018 ha generato un fatturato (compreso dell’indotto) di 23 milioni di euro, in crescita rispetto ai 21 del 2017. In Italia conta 800 punti vendita wholeasle e all’estero i suoi primi mercati sono Giappone (dove è presente nei department store Isetan, Seibu, Takashimaya e Daimaru), Emirati Arabi e Arabia Saudita.
Coinvolgendo il collega e amico Paolo Maldini e Mauro Russo, i tre decisero di mettere in gioco il proprio istinto imprenditoriale dando vita ad un business da 45 milioni di euro, iniziando per via di una semplice scommessa stipulata tra amici.
Stando alle dichiarazioni dei tre soci, il punto più alto mai raggiunto dall'azienda è stato il periodo dal 2003 al 2007, quando i volumi di vendita riuscivano a toccare cifre da 3 milioni di T-shirts a stagione, surclassando i numeri delle più affermate maison a livello nazionale e non.
Il marchio riuscì anche a costruirsi un'importantissima reputazione anche oltre i confini del territorio nazionale come afferma lo stesso Russo: "Per i primi anni Sweet Years è stato un fenomeno soltanto italiano che piano piano si è esteso grazie alla notorietà dei nostri campioni, anche all’estero: a partire dal 2009 è sbarcato in Russia, Ucraina, Paesi Balcanici, Middle East, Giappone, Messico e stiamo provando anche ad entrare nel Nord Europa".
Il secondo impulso decisivo infatti lo si deve al post crisi finanziaria del 2008-2009, specialmente per via del forte appoggio al mondo delle celebrities su cui poteva contare la lista contatti dei fenomeni calcistici italiani.
Per quanto riguarda lo stato attuale invece, sappiamo che l'azienda nel 2018 ha generato un fatturato (compreso dell’indotto) di 23 milioni di euro, in crescita rispetto ai 21 del 2017. In Italia conta 800 punti vendita wholeasle e all’estero i suoi primi mercati sono Giappone (dove è presente nei department store Isetan, Seibu, Takashimaya e Daimaru), Emirati Arabi e Arabia Saudita.
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