Daniel Lee lascia Bottega Veneta: come ha contribuito al restyling totale della maison
STYLE
11 Novembre 2021
Articolo di
Adele StiglianoDaniel Lee lascia Bottega Veneta: come ha contribuito al restyling totale della maison
Prendiamo uno storico marchio italiano naturalizzato francese, che dopo aver seguito per 17 anni le stesse linee guida – quelle di Tomas Maier – ha bisogno di nuova linfa per tornare a imporsi nel fashion system. Prendiamo il brand heritage di Bottega Veneta e consegniamolo a Daniel Lee: rompendo ogni canone, lui sarà in grado di ripensare la maison, rendendola punto di riferimento di ItGirl e fashion addicted di tutte le età, contribuendo a rilanciarla sul mercato: nell’ultimo trimestre il brand ha registrato vendite da 363,4 milioni di euro segnando +9,3% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, mentre nel 2020 Bottega Veneta ha toccato quota 1,21 miliardi (+3,7%), tra le poche luxury label in crescita nonostante la frenata causata dalla pandemia.Allora perché annunciare improvvisamente un divorzio se, in questo matrimonio, tutto sembrava funzionare? Nelle scorse ore, infatti, con un freddo comunicato, il gruppo Kering (proprietario tra gli altri di Bottega Veneta) ha ufficializzato l’addio - immediato - del suo direttore creativo Daniel Lee, alla guida del brand dal primo luglio 2018. François-Henri Pinault, Presidente e ceo di Kering, si è pronunciato così sull’addio di Lee: «Daniel ha portato una nuova energia, e ha contribuito notevolmente allo slancio che Bottega Veneta sta vivendo oggi. La sua visione singolare ha reso attuale il patrimonio della maison e lo ha riportato al centro della scena della moda. Vorrei ringraziarlo personalmente per il capitolo unico che ha scritto nella lunga storia di Bottega Veneta». Leo Rongone, ceo di Bottega Veneta, ha invece voluto sottolineare l'importanza di Lee nel cogliere quegli aspetti utili a rinnovare lo stile del brand: «Daniel ha fornito a Bottega Veneta una nuova prospettiva e un nuovo senso di modernità, pur rimanendo rispettoso dell’eredità di 50 anni del marchio. La notevole crescita negli ultimi tre anni testimonia il successo del suo lavoro creativo». Lee ha definito il suo periodo alla guida della maison «un’esperienza incredibile», e si è detto «grato di aver lavorato con un team eccezionale e di talento», ringraziando Pinault «per il suo supporto e per l'opportunità di essere parte della storia di Bottega Veneta».Un addio consensuale quindi, che per certi versi stona, data l’impronta innovativa che il designer inglese conferiva all’azienda, tornata ad essere un cult dell’estetica contemporanea. È bastato il debutto della prima collezione Autunno/Inverno 2019 per capire quanto Lee volesse cambiare le regole del gioco: nello show si intuiva la voglia di creare un nuovo concept, di far partire una “new era” di Bottega Veneta, introducendo quelli che poi sarebbero diventati dei must-have, mela del desiderio per tutti gli abitanti dell’Eden dei trend: l’iconica Pouch Bag, gli stivali chunky, le catene bold e il sandalo mule sono diventati subito ossessione.
Lee entra di diritto nell’Olimpo dei creative director per aver indissolubilmente legato alle sue collezioni tonalità - il “Verde Bottega”, Pantone 354 C – come solo i più grandi riescono a fare. Durante la cerimonia dei Fashion Awards 2019, si è aggiudicato quattro riconoscimenti che testimoniano il suo estro artistico: Accessories Designer of the Year, British Womenswear Designer of the Year, Brand of the Year and Designer of the Year.Oltre al rebranding, a Daniel Lee va riconosciuto l'aver dato un nuovo slancio a Bottega Veneta anche dal punto di vista dell’adv e della strategia comunicativa, rendendola dirompente e positivamente disturbante. Lo scorso gennaio, il marchio vicentino ha inaspettatamente detto addio ai social occidentali e, successivamente, anche a quelli asiatici, nuotando controcorrente rispetto al mercato moderno. Con @newbottega, è nata una rete di account indipendenti dedicati agli item del brand. Ad aprile, inoltre, Bottega Veneta ha lanciato il primo numero del suo magazine trimestrale digitale, Issue 01, in concomitanza con l’arrivo delle nuove collezioni in boutique.Così come il suo (ex) direttore creativo prediligeva privacy e riservatezza, gli scatti delle collezioni avevano come protagonisti volti poco conosciuti, piuttosto che top-model. Lo stesso valeva per i cartelloni pubblicitari, collocati in luoghi insoliti rispetto alle affollate aree metropolitane (i tetti degli edifici intorno all’aeroporto di LA, posizionati in modo che i soli a notare i cartelloni pubblicitari fossero i viaggiatori in partenza e in arrivo, o in Australia, nella piscina del club Bondi Icebergs con una scenografica vista sull’oceano). Come altri brand del gruppo Kering, anche Bottega Veneta aveva preferito uscire dai canonici calendari ufficiali delle fashion week per sfilare in luoghi e momenti personalizzati. Dopo Londra e Berlino, l’ultima collezione era stata presentata a Detroit lo scorso ottobre: Daniel Lee aveva mostrato la sua SS22 Salon 03 negli spazi del Michigan Theter - diventato negli anni 70’ un parcheggio - nella sua solita maniera silenziosamente travolgente e ovviamente acclamata dalla critica.Bottega Veneta ha riferito che presto comunicherà il successore di Lee, mentre in molti si chiedono dove sia il futuro del designer trentacinquenne, che magari aveva solo voglia di staccare la spina per un po’. I più maliziosi hanno già innescato un girotondo nel fashion system, ipotizzando Lee alla guida di Burberry (dove attualmente Riccardo Tisci è il direttore creativo); altri vedono la rottura legata al lancio del brand di Phoebe Philo, di cui Daniel Lee in passato ne è stato valido allievo e braccio destro da Céline.
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